Specialistica

Scienza, bisogna parlarne

di Marco Ferrazzoli

Ne 'La scienza condivisa', due indagini del gruppo Comunicazione della scienza del Cnr illustrano, con interviste e questionari, alcune contraddizioni della comunicazione scientifica. Aumenta l'interesse, ma permangono anche pregiudizi sulla 'inutilità' della divulgazione diretta ai non addetti. E si discute molto se la scienza debba avere soprattutto finalità conoscitive o anche applicative

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Il volume 'La scienza condivisa' curato da Adriana Valente raccoglie due indagini effettuate dal gruppo di ricerca Comunicazione della Scienza ed Educazione del Cnr. Una riguarda le interviste a circa 500 tra ricercatori (in maggioranza), tecnici e amministrativi dell'Ente che hanno partecipato al corso di comunicazione scientifica 'Sapere e comunicare'. Un campione evidentemente interessato al tema ma, nell'80,8% dei casi senza esperienza specifica.

Le risposte delineano uno scenario interessante nella sua varietà, che talvolta sfiora la contraddittorietà. Molti intervistati concordano per esempio che l'obiettivo primario della scienza debba essere l'avanzamento della conoscenza, mentre meno di un terzo indica tale obiettivo nell'utilizzazione delle conoscenze acquisite per la soluzione dei problemi della società. Parrebbe insomma confermata l'immagine di una scienza "disinteressata", a rischio di apparire "sorda ai richiami esterni".

Ma entrando nell'ambito della comunicazione della scienza, tra i fattori considerati più importanti la risposta più frequente è "trasmettere conoscenze scientifiche rilevanti nella vita quotidiana" espressa da circa la metà, cui si aggiunge un 36% che indica la necessità di "aprire un dialogo" con parti sociali, politici, industriali, cittadini. La comunicazione è insomma vista come una condivisione sia verticale, sia orizzontale.

Altro aspetto evidenziato dalle risposte è che, "gli scienziati devono avere il coraggio di rimettere in discussione" punti di vista, categorie e risultati, i quali "non sono mai definitivi": insomma, il paradigma della scienza che procede per prove ed errori.

Una seconda indagine è stata condotta attraverso un questionario inviato ai direttori degli istituti per chiedere se e quali attività di comunicazione rivolte all'esterno avessero attivato. Le risposte riferiscono soprattutto di disseminazione dei risultati e di trasferimento tecnologico, in questo secondo caso tramite personale qualificato e formato ad hoc. Sporadici però i progetti di divulgazione scientifica appositamente finanziati e marginali anche le attività destinate a coinvolgere direttamente il pubblico, in gran parte costituite da incontri diretti (soprattutto conferenze, convegni e lezioni frontali in cui viene privilegiato il pubblico specializzato e di settore) o dalla comunicazione tramite il sito web istituzionale, ritenuto dalla quasi totalità il luogo privilegiato per una comunicazione pubblica capillare.

L'accesso al grande pubblico garantito dal contatto con i media, invece, passa soprattutto attraverso l'ufficio stampa, anche se molti istituti dichiarano di aver sviluppato relazioni dirette con le testate locali: il ricorso ai mass media, però, secondo gli istituti garantisce un riscontro visibile delle proprie attività a forte rischio di fraintendimento. Si registra insomma una certa "diffidenza" nei confronti della stampa.

Tra le altre iniziative di coinvolgimento del pubblico riferite, i "laboratori porte aperte" e pubblicazioni non specialistiche come brochure, cd rom e pubblicazioni tematiche.

È però significativo che, relativamente al modo con cui vengono percepite dai colleghi queste attività di comunicazione, i ricercatori parlino di interesse in due terzi dei casi, peraltro ritenendo più utile comunicare con imprese e amministratori o con il mondo della scuola che non con i media e il pubblico generico, relegato all'ultimo posto con il 7%. Un atteggiamento che però cela una rilevante presenza di indifferenza, scetticismo e soprattutto indecisione (16%) rispetto alla reale efficacia di queste attività.

"I ricercatori devono produrre articoli non fare divulgazione"; "le attività di comunicazione non servono a nulla", "il pubblico non comprende la scienza", "non è dignitoso per un ricercatore occuparsene" sono, purtroppo, stereotipi duri a morire anche se, va detto e ci si augura, sempre meno condivisi. L'Italia, poi, crede meno di altri paesi nella ricerca scientifica e, di conseguenza, nella diffusione della cultura scientifica.

M. F.

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titolo: La scienza condivisa
categoria: Specialistica
autore/i: Valente Adriana
editore: Scienza express
pagine: 73
prezzo: € 12.00

  

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