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Il titolo V a vent'anni dalla riforma

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di Edward Bartolucci

Nel 2001 viene approvata la legge costituzionale che forniva maggiori poteri agli enti territoriali, che diventano così organi costitutivi della Repubblica e non più solo una sua ripartizione. Giulio Salerno, direttore dell'Istituto di studi sui sistemi regionali federali e sulle autonomie “Massimo Severo Giannini” del Cnr ripercorre le tappe - dalla formulazione alla parziale attuazione - di questa riforma, oggetto di un prossimo convegno

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In occasione dei vent'anni dalla legge costituzionale n. 3 del 2001 che riformò il titolo V della Costituzione, l'Istituto di studi sui sistemi regionali, federali e sulle autonomie “Massimo Severo Giannini” (Issirfa) del Cnr, in collaborazione con la rivista federalismi.it e l'Osservatorio sui processi di governo e sul federalismo, ha avviato un percorso di studio e confronto che condurrà al Convegno nazionale “Ripensare il Titolo V a vent'anni dalla riforma del 2001”, che si terrà a Roma il 13 e 14 ottobre prossimi.

 

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“Innanzitutto andrebbero ricordate le intenzioni con cui fu scritto il Titolo V”, ricorda il direttore del Cnr-Issirfa, Giulio Salerno. “Tenendo conto della pluralità e delle differenziazioni esistenti nel tessuto sociale, culturale, politico ed economico del nostro Paese, nell'Assemblea costituente prevalse la tesi secondo cui la Repubblica italiana dovesse essere improntata, contemporaneamente, ai principi dell'unità e del decentramento, garantendo così, da un lato, necessaria unitarietà all'assetto istituzionale, e, dall'altro, adeguata autonomia agli enti territoriali infra-statuali. In particolare, nel Titolo V della seconda parte della Costituzione si introdusse un nuovo ente territoriale, le Regioni, cui furono affidate anche competenze legislative, e si mantenne ferma la presenza sia delle Province che dei Comuni, istituzioni già presenti nello Stato unitario”.

Negli anni Novanta, si era avviato un processo riformatore che aveva coinvolto dapprima gli enti locali e poi le Regioni, sull'onda di una forte spinta politica verso l'accentuazione delle autonomie territoriali, sfociato poi nella riforma del 2001. “Con la nuova formulazione dell'art. 114, comma 1, mentre in precedenza si affermava che la 'Repubblica si riparte in Regioni, Province e Comuni', si dispone adesso che la 'Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato'”, continua il ricercatore. “Con questa specificazione, in primo luogo, si è riconosciuto a tutti i predetti enti territoriali il ruolo di elementi costitutivi necessari della Repubblica; in secondo luogo, si è ribaltata, oltre che integrata, la precedente elencazione degli enti territoriali, partendo stavolta dai Comuni, cioè da quelli di più antica tradizione e prossimi ai cittadini; infine, si è voluto più nettamente distinguere e separare le autonomie territoriali dallo Stato”.

A vent'anni da quella riforma tanto è cambiato nella società e nella politica italiana. Le spinte autonomiste, quando non addirittura secessioniste, si sono sopite. “Da più parti si lamenta la cancellazione dell'interesse nazionale dalla Costituzione. E in molti invocano una controriforma che vada ad assegnare nuovamente allo Stato competenze cruciali, come quelle sulla sanità. Del resto, con l'emergenza in corso, lo Stato ha assunto in pieno la funzione legislativa per disporre le misure di contrasto dell'epidemia, decisione che è stata confermata dalla sentenza n.37/2021 della Corte costituzionale sulla base di un complesso di ragioni 'giuridiche e logiche' che fanno perno sulla competenza dello Stato in materia di profilassi internazionale”, sottolinea Salerno.

Va ricordato anche che la riforma del Titolo V non ha visto una completa attuazione. “Tanti i nodi irrisolti e i punti dolenti. Innanzitutto, vanno sottolineati alcuni errori e incongruenze presenti nella stessa riforma, così come ritardi e omissioni che ne hanno frenato l'attuazione. Ad esempio, la mancata realizzazione del cosiddetto federalismo fiscale”, conclude l'esperto. “La riforma del 2001 va inoltre contestualizzata, ricordando che nasceva su previsioni positive di sviluppo economico e di piena integrazione europea, che poi non si sono realizzate: diverse crisi economiche hanno da allora colpito non solo l'Italia e pesa ancora il fallimento del Trattato costituzionale europeo. Sul funzionamento delle autonomie territoriale si sono poi abbattuti i vincoli finanziari derivanti dall'obbligo del pareggio di bilancio e dalla politica di austerity connessa agli obblighi europei, così come va adesso considerato l'impatto del Next Generation Eu e dei conseguenti impegni di riforma e di investimento, quali condizionalità previste nel Pnnr. Il Cnr-Issirfa, con le sue competenze multidisciplinari, si impegnerà per sostenere gli enti territoriali innanzi a questa rilevantissima sfida”.

Edward Bartolucci

Fonte: Giulio Salerno, Istituto di studi sui sistemi regionali federali e sulle autonomie ‘Massimo Severo Giannini’ , email giulio.salerno@cnr.it -

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