Focus: Se la fantasia diventa realtà

Malattie rare, una speranza per nuove terapie

Siringhe
di Alessandro Frandi

Queste patologie, che colpiscono un numero ristretto di persone, sono spesso difficili da curare, ma oggi, anche grazie all’Intelligenza artificiale in campo medico, la possibilità di ottenere delle cure efficaci e un approccio personalizzato alla malattia è più vicina. Ne parliamo in dettaglio con Giovanni Maga, direttore del Dipartimento di scienze biomediche del Cnr, che si sofferma in particolare sulla Sla

 

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Le malattie rare, causate dall’alterazione di un gene, sono condizioni patologiche che riguardano una percentuale molto ridotta della popolazione. Per comprenderne meglio le caratteristiche e capire a che punto è la ricerca per curarle, abbiamo parlato con Giovanni Maga, direttore del Dipartimento di scienze biomediche (Dsb) del Cnr: “I geni sono tratti del nostro Dna (Acido desossiribonucleico) che contengono le informazioni per produrre proteine o anche molecole di Rna (Acido ribonucleico) con funzioni di regolazione. L’informazione è determinata dalla particolare combinazione delle quattro molecole chimiche presenti sul nostro Dna: le basi adenina, citosina, timina e guanina. Meccanismi casuali sia intrinseci, quali errori nella duplicazione cellulare, o dovuti a cause esterne come l’esposizione a sostanze mutagene, possono portare all’alterazione della composizione delle basi di un gene, causando quindi un errore nell’informazione. Se questa alterazione, o mutazione, colpisce un gene il cui prodotto è essenziale per qualche funzione fisiologica provocandone il malfunzionamento o addirittura la mancanza si può determinare una condizione di malattia. Quando queste mutazioni riguardano le cellule della linea germinale (spermatozoi o ovociti), possono essere trasmesse alla prole. Si parla cioè di malattie genetiche ereditarie. Le mutazioni possono causare malattie già presenti dalla nascita o che si manifestano in un secondo momento della vita”.

Oggi si conoscono oltre 6.000 malattie genetiche rare, alcune con pochi casi noti in tutto il mondo, altre più frequenti, sebbene sempre limitate a una frazione ristretta della popolazione. È il caso della fibrosi cistica, della corea di Huntigton, della distrofia muscolare o della sclerosi multipla, per citare alcune tra le più note. Molte malattie genetiche colpiscono l’apparato neuromuscolare, tra queste c’è la Sclerosi laterale amiotrofica (Sla). “La Sla è una malattia neurodegenerativa a peggioramento progressivo, che colpisce i motoneuroni, speciali cellule nervose presenti a livello sia cerebrale che del midollo spinale, responsabili di coordinare i movimenti della muscolatura volontaria. Nei pazienti affetti da tale patologia questi motoneuroni progressivamente muoiono”, chiarisce il direttore del Cnr-Dsb. “La perdita progressiva dei motoneuroni causa la mancanza di forza e il blocco di tutti i muscoli. Tuttavia, nella maggior parte dei casi le funzioni cognitive sono preservate: di fatto nel paziente affetto da Sla la mente mantiene la capacità di pensiero, il desiderio di relazione con gli altri, le emozioni, ma è prigioniera di un corpo che diventa via via immobile. La maggior parte dei casi di Sla è sporadica, ma il 5-10% è familiare. La sua incidenza è stimabile in 3 casi ogni 100.000 abitanti/anno, e attualmente in Italia ci sono circa 6.000 i malati di entrambi i sessi, con una lieve prevalenza di quello maschile”.

Non è noto quali mutazioni e in quali geni siano responsabili della Sla, attualmente sono stati identificati alcuni geni mutati che ricorrono nelle forme ereditarie: il gene Sod11 (20% dei casi familiari) e il gene Tardbp (5%). Esistono sicuramente altre mutazioni che molti gruppi di ricerca, anche al Cnr, sono impegnati a identificare. “Attualmente oltre 30 geni sono stati correlati in qualche misura alla Sla e recenti risultati sembrano indicare che la ripetizione di sei nucleotidi GGGGCC inserita nella regione non codificante del gene C9orf72 possa essere una delle cause genetiche più comuni di questa patologia. La definizione dei meccanismi molecolari di questa malattia consentirà di ideare delle terapie, che al momento purtroppo mancano”, continua Maga.

Farmaci

Esiste una tecnologia medica o digitale in grado di fronteggiare con più efficacia la Sla? “Oggi i sistemi di acquisizione digitale e analisi delle immagini derivate da tecniche di imaging diagnostico come ecografie, radiografie (Rx), tomografia assiale computerizzata (Tac) o risonanza magnetica nucleare (Rmn), consentono sicuramente un livello di dettaglio elevato, così come le moderne tecnologie biomediche consentono l’identificazione di specifici marcatori molecolari da un prelievo di sangue. Approcci basati sull’Intelligenza artificiale (IA) aumenteranno esponenzialmente la nostra capacità di definire biomarcatori per la diagnosi, il monitoraggio clinico e la prognosi”, illustra il ricercatore.

Di certo la tecnologia medica delineata da Maga aprirà le porte a un approccio personalizzato alla malattia, consentendo un’accurata classificazione in categorie di rischio dei pazienti affetti da Sla e l’identificazione del regime farmacologico più adatto allo specifico fenotipo clinico, aumentando l’efficacia terapeutica. Sul fronte della ricerca, la capacità delle moderne piattaforme genomiche di ottenere sequenze dell’intero genoma da centinaia di pazienti, accoppiata alla potenza di calcolo dei moderni computer, consente, anche grazie all’utilizzo di algoritmi di IA, l’identificazione di nuove mutazioni associate alla malattia. Ma non solo. “L’IA può offrire molte opportunità per alleviare le limitazioni cui i pazienti affetti da Sla vanno incontro. È il caso ad esempio della ‘hypersurface’, una tecnologia che, combinando sensori vibrazionali a IA e ‘machine learning’, può rendere qualsiasi oggetto capace di riconoscere istantaneamente una serie di gesti del paziente affetto da Sla, consentendo così specifiche azioni senza l’utilizzo di tastiere, bottoni, etc.”, prosegue Maga.

Si è parlato anche di un possibile uso dei vaccini come azione di contrasto alle malattie rare, vediamo allora come agiscono. “Un vaccino ha lo scopo di addestrare il sistema immunitario ad attaccare elementi patogeni, siano essi agenti microbici o cellule difettose. Una delle alterazioni genetiche più frequenti nella Sla è l’inserzione di sei nucleotidi nel gene C9orf72, che causa l’accumulo nei neuroni di aggregati proteici di poli-glicilalanina provocandone la degenerazione. Il progetto Ga-Vax, finanziato dalla Commissione Europea nell’ambito del programma Horizon Europe, si propone di sviluppare un vaccino contro questi peptidi poli-Ga come trattamento per la Sla”, conclude l’esperto del Cnr-Dsb. “Un altro approccio che sembra promettente è quello di immunoterapia sviluppato da ricercatori dell’Università dell’Oregon, basato su di un anticorpo monoclonale diretto contro un particolare tipo di proteina espressa dalle cellule immunitarie nel cervello e nel midollo spinale delle persone con Sla, l’integrina alfa5. In modelli murini, questo anticorpo ha rallentato la progressione della malattia. Questi studi si sommano ovviamente a quelli, numerosi, volti a sviluppare approcci di terapia genica e farmacologica”. Infine, recentemente è stato ipotizzato un nesso tra forme di riacutizzazione nella sclerosi multipla e vaccini anti SARS CoV2: c’è quindi un legame con le ricadute? Il direttore conclude: “attualmente non ci sono evidenze che mettano in relazione la vaccinazione anti SARS- CoV2 con una riacutizzazione della Sla. A fronte di singoli casi episodici, che non possono essere usati per stabilire un nesso causale, ci sono diversi studi retrospettivi sia Italiani che dell’America Latina e di Israele, che hanno coinvolto centinaia di pazienti e che non evidenziano differenze nell'incidenza delle ricadute prima e dopo la vaccinazione per SARS-CoV2. Infatti, la vaccinazione è raccomandata anche per i pazienti Sla, in quanto l’impatto della Covid 19 associata alla Sla può causare sintomi molto gravi”.

Fonte: Giovanni Maga, Dipartimento di scienze biomediche, giovanni.maga@igm.cnr.it

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