Focus: Sotto sotto

I segreti della Napoli underground

Napoli
di Sandra Fiore

Una seconda città che si sviluppa fino a quaranta metri di profondità tra cave di tufo, cunicoli, cisterne, rifugi, acquedotti e sepolcreti. Frutto di un'attività estrattiva ed edilizia che copre un arco di 2.400 anni, dall'epoca greca a quella moderna. Da molti anni il Consiglio nazionale delle ricerche, attraverso studi interdisciplinari, si occupa della riqualificazione e valorizzazione di questo patrimonio nascosto. Ne abbiamo  parlato con Roberta Varriale dell'Istituto di studi sul Mediterraneo, che alla salvaguardia del "ventre" partenopeo ha dedicato molti progetti, confrontandosi anche con i colleghi giapponesi sulle modalità sperimentali di approccio ai siti sotterranei

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Le città “di sotto”, silenziose e ovattate, articolate in strade, antichi luoghi di culto, magazzini, rifugi, gallerie, cisterne sono le realtà nascoste di molti centri d'Italia. Luoghi che si sviluppano nel sottosuolo, quasi speculari a quelli “in vista” e, al pari di questi, ricchi di fascino e testimonianze di un passato antico e recente. Da Perugia a Osimo, da Rieti a Narni, da Matera a Napoli queste città hanno un ventre scavato nel tufo e nella roccia, vissuto per secoli in simbiosi con l'urbanizzazione in superficie, costituendone in molti casi il nucleo originario.

Tra le città “doppie” per antonomasia, Napoli è una metropoli caotica e popolosa e, sotto, è una realtà silenziosa, disegnata da otto milioni di metri cubi di vuoti, tra grotte, cunicoli, strade, acquedotti, reti fognarie, sepolcreti. La città campana ha una stratificazione “vertiginosa”: l'estrazione millenaria di materiale come tufo e pozzolana necessari a costruire Partenope ha modellato fin dall'epoca greca il volto del suo underground, da alcuni anni oggetto di valorizzazione e recupero.

Dalla città nascosta secondo Roberta Varriale, ricercatrice dell'Istituto di studi sul Mediterraneo (Ismed) del Cnr, bisogna partire per comprendere le fragilità della Napoli “di sopra” e per creare nuove opportunità di offerta turistica e di servizi per i cittadini. Da oltre vent'anni il sottosuolo di Napoli è al centro degli studi di Varriale: “Già in passato con il progetto “Undregrounds-1 in Naples”, un gruppo di studio composto da storici dell'arte, antropologi, geologi e psicologi ha prodotto la costituzione di un modello in cui Napoli è stata assunta come archetipo delle città sotterranee e come punto di riferimento per una riflessione più ampia sul rapporto tra sottosuolo e città”, spiega la ricercatrice. “Infatti, non si può intervenire sulla struttura urbana se non si conosce ciò che c'è sotto, soprattutto in una città come la nostra. Occorre far dialogare le due realtà, facendo in modo che il sottosuolo non sia considerato solo in funzione dei servizi e delle infrastrutture, ma anche come un grande archivio di memorie che vanno rese fruibili”.

Galleria Borbonica

A determinare in particolar modo la sorte del sottosuolo napoletano furono gli editti emanati tra il 1588 ed il 1615, che proibivano l'introduzione in città di materiali da costruzione, per evitare un'espansione urbana incontrollata. I cittadini, per aggirare le sanzioni, estrassero il tufo sottostante, sfruttando i pozzi già esistenti, ampliando le cisterne destinate a contenere l'acqua potabile. In alcune pubblicazioni Varriale pone l'accento sulla storia del rione Sanità, ancora ricco di potenzialità inespresse. Prima della costruzione del ponte nel 1809, che lo isolò dal resto della città, era una vivace area commerciale, le cui attività si svolgevano in ambienti sotterranei:  la lavorazione delle alici e degli ortaggi, le vetrerie, le fonderie e le botteghe di marmisti animavano le cavità nascoste. “Valorizzare questo territorio partendo dalle potenzialità custodite nelle sue viscere è l'unico modo per non lasciarlo all'abbandono e al degrado. Proprio in virtù di tale peculiarità, il primo Living Lab del progetto Cost18110 (Underground4value 2019/23), di cui il Cnr-Ismed è capofila, è stato proprio il caso studio di Napoli con il suo mondo sommerso”, continua Varriale.

Tra le altre iniziative, due progetti bilaterali con il Giappone - il primo conclusosi nel 2020, il secondo ancora in corso - nati per condividere le esperienze di ricerca relative all'approccio multidisciplinare e sperimentale ai beni ipogei, con l'obiettivo di confrontare le metodologie di valorizzazione e conoscenza di questi siti. In particolare, sono state messi a confronto due casi di studio: la Collina di Pizzofalcone a Napoli e quella di Yoshimi Hyakuana dell'area di Saitama, il cui sottosuolo è stato nel tempo variamente riutilizzato, dagli usi religiosi ai militari e a quelli termali.

Il Colle di Pizzofalcone, località nota anche per una serie televisiva di grande successo tratta dal romanzo di Maurizio de Giovanni, fu abitato da marinai e coloni che alla fine dell'VIII a. C. vi fondarono Parthènope. Il sottosuolo di questa zona  è stato interessato da una serie di opere di riqualificazione, come il parcheggio multipiano, premiato con il World's Coolest Car Park, un contest internazionale organizzato dal sito di architettura e design Design Curial e da Looking4.com. Un altro esempio virtuoso di recupero del patrimonio edilizio è la Galleria Borbonica, fatta costruire a partire dal 1853 dal re Ferdinando II di Borbone,  concepita per le guarnigioni e come via di fuga per gli stessi monarchi. Dopo la Seconda guerra mondiale e fino al 1970 questo sistema architettonico venne utilizzato come deposito di beni recuperati dalle macerie, crolli, sfratti e sequestri. Tale struttura ottocentesca è rinata a nuova funzione, divenendo centro culturale, in cui antico e moderno dialogano, tra concerti, mostre, spettacoli teatrali ed eventi.

Fonte: Roberta Varriale, Istituto di studi sul Mediterraneo , email varriale@ismed.cnr.it

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