Saggi

L'ecologia e il suo storytelling

di Marco Ferrazzoli

Niccolò Scaffai propone un catalogo delle opere che raccontano la relazione tra individui e ambiente, un excursus che va dall'epoca delle pitture rupestri fino ai nostri giorni. La rappresentazione della natura – avverte - è innaturale, “raramente oggettiva, realistica: spesso hanno prevalso l'elaborazione simbolica e la stilizzazione”, ad esempio la “forma ideale del giardino e del luogo ameno”

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Ci è già capitato di affrontare su queste pagine il tema della valenza letteraria dell'ecologia. Per chi volesse prendere in considerazione nel loro complesso le opere che raccontano la relazione tra individui e ambiente arriva ora un'opera, 'Letteratura e ecologia' di Niccolò Scaffai, che compie un excursus dall'epoca delle pitture rupestri fino ai nostri giorni, notando subito come la rappresentazione della natura sia profondamente innaturale, “raramente oggettiva, realistica: spesso hanno prevalso l'elaborazione simbolica e la stilizzazione, ad esempio nella forma ideale del giardino e del luogo ameno”, il “locus amoenus” del mondo greco-latino.

La sostanza del discorso ecologico consiste anzi, secondo l'autore, proprio nell'asimmetria data dal controllo della natura da parte dell'uomo. Da un lato, la natura come principio di purezza, spazio incontaminato, originario e selvaggio: l'idealizzazione edenica è “in fondo deresponsabilizzante”, considerando che “la possibilità d'intervento è solo nostra”. Dall'altro, sulla distinzione dialettica tra naturale e artificiale si fondano dispositivi letterari come lo straniamento, cioè la prospettiva inattesa su una realtà che ci appariva nota, definita da Viktor Borisovic Sklovskij ne 'L'arte come procedimento'.

Da un lato, “il discorso ecologico ha adottato costruzioni narrative tipicamente letterarie”. Dall'altro, la letteratura ha trovato nell'ecologia sia “elementi per rinnovare temi classici come quello della fine del mondo”, la narrazione apocalittica non è certo un'invenzione recente solo che si pensi a come temi antichi siano ripresi in opere come 'La strada' di Cormac McCarthy, sia argomenti originali, bastino i rifiuti trattati ne 'Le città invisibili' di Italo Calvino, nel finale 'Terra dei fuochi' di 'Gomorra' di Roberto Saviano, in 'Underworld' di Don De Lillo il cui protagonista percepisce ogni cosa “in termini di spazzatura”, nell'isola di spazzatura della pièce teatrale di Daniel Pennac 'Il sesto continente'.

Ma il catalogo proposto da Scaffai è sterminato, va dagli studi di ecocritica alla climate fiction o 'cli-fi', dai testi letterari religiosi e filosofici che ancora oggi spesso orientano “la nostra idea e la nostra percezione dell'ambiente naturale” fino all'immaginario romantico e preromantico di scrittori quali Goethe, Schiller, Byron, von Haller, Rousseau. Della letteratura anglo-americana si citano Jonathan Franzen, il 'Moby-Dick' di Melville, titoli ispirati a Milton come 'Paradise Retrived' o 'Paradise Regained', il Charles Dickens di 'Tempi difficili' “ambientato nella fuligginosa Coketown ('città del carbone') rappresentata come luogo di un'emblematica innaturalezza, la saga in cui Tolkien radicalizza l'opposizione tra lo scenario rurale dei pacifici hobbit e le “tetre e oscure officine infuocate dove viene forgiata la più feroce razza di orchi”, con la rivolta dei guardiani degli alberi contro lo stregone Saruman, colpevole di aver sacrificato le foreste della Terra di Mezzo.

Nella modernità italiana abbiamo il 'Dialogo della Natura e di un Islandese' di Leopardi, Pascoli, Giuseppe Parini con l'ode 'La salubrità dell'aria', Montale e Giorgio Caproni, Mario Rigoni Stern, Pier Paolo Pasolini col celebre articolo sulla 'Scomparsa delle lucciole', 'Il pianeta irritabile' di Paolo Volponi, 'Le Piccole Persone' di Anna Maria Ortese. Il ruolo del paesaggio in particolare, citiamo solo Andrea Zanzotto con 'Dietro il paesaggio' e 'Luoghi e paesaggi', diviene un protagonista assoluto “nella definizione dell'identità culturale, unito allo shock della sua rapida alterazione nel corso del XX secolo”. Ma bisogna anche qui riflettere che paesaggio designa “in origine la rappresentazione dello spazio osservato e non lo spazio stesso”, pertanto è “assolutamente essenziale la delimitazione”, come ha scritto Georg Simmel.

“L'importanza e la pervasività delle questioni ambientali contribuiscono a fare dell'ecologia il contesto di una grande narrazione collettiva”, osserva Scaffai, concorde che “nell'epoca in cui viviamo non c'è niente di più urgente del rischio ecologico” e che questo sia “all'origine del senso di colpa della modernità verso se stessa: la colpa di aver traumaticamente modificato non solo l'ambiente in cui l'uomo si è evoluto ma anche il complesso di relazioni costruito intorno alla natura e fissato dai testi sacri e dalla letteratura”.

E però il rilievo religioso della questione è duplice: “Da Adamo a Francesco: possedere la natura o farne parte?”. Fino a quando “l'evidenza del rischio ambientale non è stata comunemente percepita e rappresentata”, il “paradigma prevalente era quello che collocava l'uomo in posizione dominante rispetto alla natura”. Nella Genesi Dio attribuisce all'uomo la potestà su tutte le creature, così come nei Salmi ma anche nel 'Discorso sul metodo' di Descartes, che parla di “padroni e possessori” (maitres et possesseurs) della natura.

L'uscita dal Paradiso terrestre rovescia però il carattere dell'ambiente naturale da favorevole a ostile e incide sul “paradigma di lunga durata” apocalittico, adottato dalla letteratura in opposizione al dominio dell'uomo sulla natura quale “struttura di fondo delle trame ecologiche”. Una “prospettiva troppo semplice nella sua radicalità”, obietta il saggio, una separazione artificiale e netta tra uomo (negativo) e natura (positivo), una prospettiva “antropofobica”.

Assieme alla realtà oggettiva, al dato di fatto, c'è insomma una componente culturale di cui tenere conto. Nel movimento giovanile tedesco del Wandervogel (“uccello migratore”), sorto in difesa del paesaggio come culla di purezza, diversi storici hanno riconosciuto l'antecedente della Hitlerjugend, la gioventù hitleriana. Il sentimento ecologico contemporaneo ha ovviamente superato quelle istanze, mescolandovi impulsi progressisti, e l'“etica della natura” o “della Terra” è divenuto ricorrente nella filosofia e nella sociologia, grazie anche a figure come Edgar Morin, Bruno Latour, Peter Sloterdijk, Vandana Shiva. Il volume dà correttamente conto anche di voci contrarie come Michael Pollan, l'autore de 'Il dilemma dell'onnivoro', che ironizza su certe “romantiche idealizzazioni”, riducendole a “infatuazione per le erbacce”. Così come in letteratura abbiamo 'Stato di paura' di Michael Crichton, dove compare un gruppo di ecoterroristi accusato di provocare disastri ambientali per convincere l'opinione pubblica dei rischi legati al riscaldamento globale.

Il saggio identifica sei termini e concetti chiave: paesaggio, ambiente, natura, letteratura, storia e ovviamente ecologia, attestato in italiano dal 1911, affiancato nel corso degli anni da “ecologismo” e “ambientalismo”, mentre la prima occorrenza di “ecologico” è del 1892.

 

titolo: Letteratura e ecologia
categoria: Saggi
autore/i: Scaffai Niccolò 
editore: Carocci
pagine: 266
prezzo: € 26.00

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