Focus: Natale

Chi porterà la slitta?

Renna
di Naomi Di Roberto

Le renne, animali simbolo delle feste natalizie, sono tra le specie colpite dagli effetti del cambiamento climatico. Con Emiliano Mori dell'Istituto di ricerca sugli ecosistemi terrestri del Consiglio nazionale delle ricerche abbiamo parlato di questi effetti. E degli altri fenomeni che minacciano l'Artico

 

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Le renne, tra gli animali più amati dai bambini e simbolo delle feste natalizie perché trainano la slitta di Babbo Natale, sono oggi a rischio di estinzione. Sono diversi i fattori che indicano la riduzione del loro numero, tutti riconducibili a un’unica grande causa: il cambiamento climatico. In particolare, il riscaldamento del clima artico che sta modificando l’habitat delle renne. “Da un lato la riduzione dello spessore della copertura nevosa al suolo, dall'altro la diminuzione della permanenza della neve e del ghiaccio al suolo hanno alterato l'ambiente con il quale le renne si sono coevolute”,  spiega Emiliano Mori dell’Istituto di ricerca sugli ecosistemi terrestri (Iret) del Consiglio nazionale delle ricerche.

Le renne, infatti, hanno la capacità di riuscire a trovare nutrimento sotto la neve scavando con i propri zoccoli. Il problema si crea nel momento in cui, a causa del riscaldamento globale, la neve scende copiosa, troppo secondo gli standard, e il cibo diventa per questi mammiferi sempre più scarso e difficoltoso da rintracciare. “Le alterazioni della copertura nevosa hanno anticipato la primavera e quindi la crescita vegetale al suolo; crescita che non è più sincronizzata con la biologia riproduttiva delle renne. Inoltre, e questo è il fattore più importante, il riscaldamento dell'Artico ha drasticamente ridotto l'alimento principale delle renne, il cosiddetto ‘lichene delle renne’. La perdita del cibo principale ha limitato anche la capacità riproduttiva della renna”, prosegue il ricercatore.

Renna

A minacciare l’Artico, però, c’è anche altro, un esempio sono le microplastiche o le fioriture tossiche che mettono a dura prova diverse specie caratteristiche di questa zona. “Il riscaldamento globale sta innalzando il livello del mare a causa dello scioglimento precoce e massivo dei ghiacci. Questo fenomeno già di per sé limita le capacità di alcune specie, come l'orso polare, di procacciarsi il cibo (in particolare le foche, che con meno ghiaccio hanno maggiore possibilità di fuga)”, ricorda Mori.

Inoltre, il riscaldamento sta spingendo verso latitudini più elevate molte specie boreali, che competono con quelle tipicamente artiche. “È il caso per esempio della volpe rossa, che raggiungendo latitudini più alte compete con la volpe artica relegandola ad habitat e diete subottimali. Il riscaldamento dell'Artico e l'inquinamento da pesticidi hanno poi provocato dei bloom (fioriture) algali e cianobatterici ricchi di pericolose cianotossine. Per finire, neanche le acque dell'Artico sono esenti dall'inquinamento da plastica e sembra proprio che le microplastiche rinvenute nei mari artici, in quantità comparabili con quelle di molte aree dell'Atlantico e del Pacifico, derivino per oltre il 90% dalla produzione tessile e dagli scarichi delle lavatrici domestiche”, conclude l’esperto.

Il cambiamento climatico è insomma una vera sfida alla sopravvivenza per l’ecostistema artico, tra i più affascinanti e magici del Pianeta.

Fonte: Emiliano Mori, Istituto di ricerca sugli ecosistemi terrestri, e-mail: emiliano.mori@cnr.it