Faccia a faccia

Un siciliano nello spazio. Con chitarra e caponata

L. Parmitano
di Claudio Barchesi

Luca Parmitano, astronauta dell'Agenzia spaziale europea, ha compiuto il suo primo viaggio nello spazio nel 2013, con la missione 'Volare', nella quale ha condotto numerosi esperimenti e ha svolto attività extraveicolari. Tornerà in orbita nel 2019

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Luca Parmitano, astronauta dell'Agenzia spaziale europea (Esa), è nato a Paternò (Ct) nel 1976. È sposato e ha due figlie. Laureato in Scienze politiche all'Università di Napoli Federico II, diplomato all'Accademia di Pozzuoli, è tenente colonnello dell'Aeronautica italiana. Nel febbraio 2011 è stato assegnato come ingegnere di volo alla prima missione di lunga durata dell'Agenzia spaziale italiana sulla Stazione spaziale internazionale (Iss). Nel corso della missione 'Volare' ha trascorso 166 giorni nello spazio, portando avanti oltre 20 esperimenti e prendendo parte a due attività extraveicolari e all'attracco di quattro navette. È stato il primo italiano a “passeggiare nello spazio”, al di fuori della stazione spaziale. Il 18 gennaio 2017 il direttore generale dell'Esa, Jan Woerner, ha confermato che Parmitano è stato assegnato a una seconda missione sulla Iss, nel 2019. (Foto NASA/James Blair)

Da bambino già sognava di fare l'astronauta?

Come tutti i bambini, sognavo le grandi avventure.

Come si diventa astronauta? Perché si va nello spazio?

Ho seguito un percorso classico, sulle orme di chi mi ha preceduto fin dagli anni '60. Finite le scuole superiori sono entrato in Accademia aereonautica, sono diventato pilota da caccia, poi pilota sperimentatore infine grazie al concorso dell'Esa, sono entrato nel Corpo astronautico. I motivi sono tanti. Innanzitutto scientifici. Ci sono cose che si possono sperimentare soltanto in orbita. Sulla Terra non possiamo annullare l'accelerazione di gravità di 9,8 m/s2. In orbita possiamo fare scienza svincolati da questo parametro.

Quale emozione ha avuto quando è stato scelto per la missione volare?

Enorme. Il percorso di selezione è durato un anno intero e ogni gradino - siamo partiti in 8.000 - è stato impegnativo. Quando sono stato trasferito allo European Astronaut Centre di Colonia l'emozione è stata davvero indescrivibile.

Cosa si prova a vedere la Terra dallo spazio?

Non ci si abitua mai. Tutto cambia così rapidamente, cambiano le condizioni meteo, le stagioni, si cambia di umore: ogni volta si provano sensazioni diverse. Ricordo però la prima volta che ho visto l'alba sul Giappone, 10 minuti dopo il lancio, ancora a bordo della Soyuz: ho avuto la consapevolezza di aver ricevuto un grande dono dalla vita, di godere di un privilegio che solo pochi uomini hanno avuto: una sensazione di meraviglia, gioia, orgoglio che è impossibile descrivere per la sua intensità.

L'Italia è uno dei Paesi più avanzati nella ricerca spaziale.

Vantiamo record straordinari. Il 40% del volume pressurizzato della Stazione spaziale internazionale è costruito in Italia, come pure il volume della navetta cargo Cygnus assemblata negli Usa. A bordo dell'Iss si svolgono poi sempre esperimenti scientifici italiani, così come in tutte le missioni dell'Esa. Nostri strumenti scientifici sono su Rosetta, su Cassini e il programma di esplorazione superficiale di Marte Exomars ha leadership italiana. L'Italia ha eccellenze in tutti i settori spaziali: volo, tecnologia, ricerca.

A proposito di nostre eccellenze, le mancano i sapori italiani a bordo della stazione?

Ogni astronauta può portare a bordo una certa quantità di cibo speciale di suo gradimento, diverso da quello standard, il cosiddetto bonus. Nel menù della mia missione del 2013 c'era qualche piatto della mia Sicilia, come la parmigiana di melanzane e la caponata. Il cibo permette di condividere la propria cultura con i colleghi e ovviamente, non c'è bisogno di dirlo, quella italiana è sempre particolarmente apprezzata.

Durante la sua seconda passeggiata extra veicolare ha avuto un problema tecnico, com'è andata?

Il liquido di raffreddamento dello scafandro è finito nel circuito di ventilazione. Microfono e cuffie sono andate fuori uso, non vedevo più, ero al buio e anche respirare non era facile. Avevo circa un litro e mezzo d'acqua nel casco, rientrare è stato piuttosto avventuroso. Adesso il problema non si potrà più verificare, abbiamo cambiato hardware e procedure.

L'addestramento e il fatto di essere un subacqueo, l'hanno aiutata in questa circostanza?

Ci addestriamo molto sott'acqua e comunque nei momenti difficili si fa ricorso a tutta la propria esperienza di vita e professionale: quella di pilota, di pilota sperimentatore, di subacqueo, di astronauta. Tutto serve a tirarsi fuori dalle situazioni impreviste.

Quali passioni coltiva sulla 'Terra'?

Dal 2012 faccio triathlon su tutte le distanze, poi suono la chitarra, la amo molto. Ne ho una a Catania, una a Houston, una a Colonia. E ne abbiamo due anche sulla Stazione spaziale.

Come si suona la chitarra in orbita?!

Nello stesso modo in cui si suona a terra, ma il rumore di fondo causato dai ventilatori disturba un po'.

I film di fantascienza le piacciono?

Certo, ne guardo in continuazione. Mi sono piaciuti molto 'The Martian', 'Interstellar' e, ovviamente, sono un fan di 'Star wars'.

Crede nella possibilità di colonizzare altri pianeti?

Voglio crederci. Non posso accettare che quest'universo così grande non possa accoglierci.

Il prossimo obiettivo?

Prepararmi per la missione del 2019. Spero di poter continuare a dare il mio contributo per la sperimentazione scientifica spaziale nell'orbita bassa terrestre. E poi, domani, chissà?

Marte?

Perché no, sarebbe bello. Per il momento sto guardando però a un satellite più vicino alla Terra...

Claudio Barchesi