Focus: Dante Alighieri

Gli occhi del Sommo sul cosmo

Nebulosa
di Francesca Gorini

L'Inferno si chiude con la celebre visione del cielo stellato: “E quindi uscimmo a riveder le stelle”. Ma è nel Paradiso che Dante svela la sua visione cosmologica, tra fantasia e osservazione scientifica. Abbiamo chiesto di spiegarla a due studiose dell'Istituto di fotonica e nanotecnologie del Cnr: Alessandra Slemer e Chiara Casini

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Chiunque ricorda i versi con cui il Sommo Poeta conclude l'Inferno: “E quindi uscimmo a riveder le stelle”. Con queste parole Dante e Virgilio esprimono la ritrovata speranza dopo il viaggio dagli inferi alla spiaggia dell'antipurgatorio. Ma è nel Paradiso che Dante svela la sua visione cosmologica, con la Terra al centro, i nove cieli intorno e, sopra a tutto, l'Empireo, luogo della presenza fisica di Dio, degli angeli e delle anime accolte in Paradiso. Una visione che rispecchia il modello dei teologi medievali, secondo il quale il nostro pianeta era al centro dell'universo, circondata da otto sfere concentriche in cui avevano sede pianeti e stelle, e dal Primo Mobile, la prima e più esterna delle sfere cosmiche ruotanti, alla base del tempo e del moto.

Un modello che oggi può apparire astruso, come spiegano Alessandra Slemer e Chiara Casini, astrofisiche dell'Istituto di fotonica e nanotecnologie (Ifn) del Cnr di Padova. “La visione di Dante rispecchia il sistema cosmologico aristotelico allora in voga: i primi sette cieli del Paradiso corrispondono ciascuno ai corpi celesti del Sistema solare allora noti, cioè Luna, Mercurio, Venere, Sole, Marte Giove e Saturno. I due cieli più esterni sono costituiti dalle stelle fisse e dal 'Primo mobile', concetto ripreso da Tolomeo che, ispirandosi alla dottrina di Aristotele, considerava questo come parte del cosmo che non conteneva astri visibili, ma originava e alimentava il movimento degli altri otto cieli”, spiega Slemer. “Tolomeo introdusse inoltre gli epicicli e i deferenti per spiegare il moto retrogrado dei pianeti. L'epiciclo è la sezione di orbita del pianeta in cui esso compie una rivoluzione attorno ad un punto immaginario, mentre il deferente è la rivoluzione di tale punto immaginario attorno alla Terra. I teologi medioevali ripresero questa concezione di universo formato da nove cieli, rafforzata dal fatto che il numero nove era considerato 'perfetto' in quanto espressione della trinità di Dio”.

Immagine Divina Commedia

Rappresentazione dell'universo della Divina Commedia 

Dante rimane, dunque, fedele agli insegnamenti scientifici dei suoi contemporanei, ma non va dimenticato la particolare finalità che egli attribuisce ai vari elementi cosmologici: rafforzare la visione morale dell'opera. “In vari passaggi della Divina Commedia Dante ci mette di fronte a nozioni astronomiche, ma tutte sono funzionali alla sua concezione poetica: esaltare la virtù divina come causa e creazione di tutto ciò che esiste. In quest'ottica, anche i cieli e i pianeti sono espressione della creazione, governati da leggi - o meglio 'intelligenze' - celesti”, aggiunge Casini.

Chiaramente, le differenze rispetto alle conoscenze attuali sono abissali: “Tra Dante e noi c'è stata la rivoluzione copernicana che portò a riconsiderare il modello eliocentrico già ipotizzato da Aristarco da Samo, l'introduzione del telescopio per l'osservazione degli oggetti celesti, le leggi di Keplero sul moto dei corpi celesti attorno al Sole, la scoperta della legge di gravitazione universale, gli enormi  progressi nelle tecniche di osservazione e di calcolo, lo studio degli spettri luminosi, la fisica atomica e l'esplorazione spaziale”, continua Slemer. “E tuttavia, alcuni studiosi sostengono che la sua opera abbia addirittura anticipato concetti scientifici moderni, come quello dell'ipersfera, che si ritroverebbe nel passaggio del Paradiso in cui l'universo visibile e l'empireo vengono descritti come due sfere che hanno in comune la superficie, il che equivale appunto, in geometria, al concetto di ipersfera. Ma il mondo l'avrebbe conosciuta solo seicento anni dopo”.

“L'Oltremondo di Dante è fatto di ordine e geometrizzazione: la razionalità è un tratto comune anche alla visione dello scienziato, ma l'atteggiamento scientifico presuppone di provare a capire perché un fenomeno accade, di trovare le leggi matematiche che spiegano l'evoluzione dell'universo e di ogni elemento contenuto in esso”, conclude Casini. “Se per Dante la legge universale che regola l'universo spirituale è un principio morale, per noi è quella gravitazionale, che spiega come due corpi possono attrarsi, nulla di più nulla di meno. E dove lui vedeva un'armonia celeste, noi vediamo caos ed esplosioni: sappiamo che una nebulosa si crea dall'esplosione di una stella, un pianeta dall'agglomerarsi della materia che orbita attorno a una stella, e così via”.

 

Fonte: Chiara Casini, Alessandra Slemer, Istituto di fotonica e nanotecnologie del Cnr, Padova, email chiara.casini@pd.ifn.cnr.it; alessandra.slemer@pd.ifn.cnr.it

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