Focus: Sole

Le mille luci delle piante

Piante
di Marina Landolfi

Le foglie utilizzano l’energia luminosa assicurata dal sole per la crescita attraverso il processo della fotosintesi clorofilliana. Senza luce solare o con cambi continui di illuminazione nell’ambiente, la pianta può andare in difficoltà, così pure se la temperatura è troppo elevata.  Ne parliamo con Francesca Rapparini dell’Istituto per la bioeconomia del Cnr

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La luce del Sole è indispensabile per la vita delle piante che la "catturano" attraverso le foglie, dove ha luogo la fotosintesi clorofilliana, un processo chimico che usa l’energia solare per produrre il glucosio, il loro nutrimento. L’assorbimento avviene tramite un pigmento verde chiamato clorofilla e dona alle foglie il caratteristico colore verde, che viene ottenuto solo in presenza della luce: al buio, infatti, le foglie rimangono bianche. Il variare continuo della luce nell’ambiente, come avviene per esempio in un bosco con piante e foglie che per effetto del vento o delle nuvole possono essere illuminate da luce improvvisa, fa scaturire una reazione di protezione dalla luce stessa, con la quale la pianta si tutela per evitare danni al proprio metabolismo.

“La luce solare ricevuta dalla clorofilla, oltre a essere utilizzata per la fotosintesi, viene ri-emessa, cioè restituita all’esterno, dopo essere stata trasformata in una luce fluorescente che non produce da sola, ma insieme a oltre duecento molecole, tra cui proteine e pigmenti, collegate in un sistema molecolare che fa quello che nei gatti e negli uomini fanno le pupille, cioè assorbe più luce possibile quando ce n’è poca e se ne libera quando è tanta, trasformandola in luce fluorescente”, spiega  Francesca Rapparini dell’Istituto per la bioeconomia (Ibe) del Cnr. “Questo segnale fluorescente è sempre attivo, ma non è costante, varia continuamente in base a come cambia l’ambiente attorno. Questo perché le piante sentono, reagiscono ai cambiamenti, sono esseri vivi e non passivi come noi li percepiamo, e comunicano anche quando sono sofferenti, come per esempio quando non sono annaffiate. Quando una pianta è stressata per mancanza di acqua o per aumento della temperatura, come in questo periodo, il segnale luminoso può cambiare di intensità, e lo fa in anticipo, prima che i sintomi siano visibili. La fluorescenza, come strumento diagnostico per rilevare lo stress nelle piante, è aumentato notevolmente da quando può essere catturato dallo spazio con sofisticati strumenti scientifici”.

Fiori

Ma quali fattori incidono su questo processo? Uno è l’elevata temperatura della foglia. “Le componenti strutturali dell’apparato fotosintetico (enzimi, complessi pigmento-proteine, centri di reazione e membrane) sono anch’esse sensibili allo stress da calore, con differenti risposte da parte delle varie specie vegetali: quelle originarie degli ambienti freddi mostrano tassi fotosintetici ottimali a basse temperature, mentre per quelle dei climi caldi sono meglio le alte temperature”, aggiunge la ricercatrice. “Nella maggior parte delle piante, i danni da stress termico sulla fotosintesi sono reversibili nel giro di poche ore o alcuni giorni. L'esposizione a temperature superiori, però, in alcuni casi può causare danni irreversibili al sistema fotosintetico nelle sue singole componenti molecolari e proteiche, avviando un processo di senescenza della pianta che può essere molto rapido. Diversi studi hanno dimostrato che la stessa fluorescenza della clorofilla è proporzionale alla temperatura e può quindi diventare un utile indicatore dei danni irreversibili all’apparato fotosintetico, prima che i sintomi di senescenza siano visibili”.

Anche il caldo delle nostre città influenza quindi lo stato di salute delle foglie. “Le foglie di diverse piante sono molto sottili e quando sono esposte alla piena luce solare e al calore possono riscaldarsi notevolmente, al di sopra della temperatura dell'aria. Se poi, nel contempo, si verificano anche eventi di siccità, il calore della foglia aumenta ulteriormente perché con poca acqua le piante perdono la capacità di traspirazione e quindi di raffreddamento delle foglie”, conclude Rapparini.

Fonte: Francesca Rapparini, Istituto per la bioeconomia, e-mail: francesca.rapparini@ibe.cnr.it

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