Narrativa

Le montagne non ecologiche di Cognetti

di Marco Ferrazzoli

Nel romanzo vincitore del Premio Strega 2017 confluiscono la narrativa di formazione e quella alpinistica. Sulla scorta di precedenti illustri come Andrea De Carlo, Herman Hesse, Paolo Giordano, Thomas Mann e Mauro Corona

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Ne 'Le otto montagne' di Paolo Cognetti, vincitore del Premio Strega 2017, confluiscono due importanti filoni letterari: la narrativa di formazione e quella sulla montagna. Per quanto riguarda il primo, possiamo parlare più specificamente di un romanzo di formazione amicale, sulla scorta di precedenti illustri come 'Due di due' di Andrea De Carlo, 'Narciso e Boccadoro' di Herman Hesse e 'La solitudine dei numeri primi' di Paolo Giordano (altro Premio Strega). In modo e misura diversi, in tutti questi autori e nelle loro opere troviamo l'isolamento o l'allontanamento come terapia contro la propria sofferenza interiore, la natura come dimensione contrapposta all'omologazione cittadina e, soprattutto, le descrizioni di amicizie che si basano sul rispetto affettuoso delle reciproche debolezze, fino all'accettazione della discontinuità relazionale che esse comportano. I due protagonisti di Cognetti, Bruno e Pietro (detto Berio) con la loro relazione compensano in qualche modo le carenze di altri rapporti, in primis quelli con i loro padri e tra le due coppie genitoriali: non a caso entrambi i ragazzi, vittime di una sorta di coazione a ripetere, una volta adulti faticheranno a loro volta a costruire delle famiglie solide.

Per un paradosso chiave del romanzo, il pastore Bruno cerca il sostituto del proprio padre, un muratore rozzo e anaffettivo, proprio in quello dell'amico, che invece se n'è allontanato per divergenze insorte dalla passione comune per la montagna. Dovremmo anzi dire al plurale 'le montagne', perché un altro messaggio del libro è che ogni persona ha la propria e che quindi l'amore per passeggiate, escursioni e arrampicate può unire almeno quanto dividere, come Cognetti racconta descrivendo le diverse tribù che abitano le alte quote (nel racconto compare tra l'altro un doloroso riferimento allo sci che, di nuovo, ricorda 'La solitudine dei numeri primi').

Le montagne sono ovviamente le protagoniste principali ed eponime del romanzo (anche qui i precedenti letterari non mancano, da Thomas Mann a Mauro Corona), ne contengono e condizionano trama e protagonisti, ma l'autore è ben lungi dal decantarle in modo idilliaco. Il suo è anzi un approccio molto realistico: come dice Bruno, “siete voi di città che la chiamate natura. È così astratta nella vostra testa che è astratto pure il nome. Noi qui diciamo bosco, pascolo, torrente, roccia, cose che uno può indicare con il dito. Cose che si possono usare. Se non si possono usare un nome non glielo diamo perché non serve a niente”. Ai cittadini che vagheggiano mondi ecologicamente corretti - il libro li chiama “il gioco dell'utopia” - il vero 'montanaro' ricorda: “Senza cemento le case non stanno in piedi, e senza concime non cresce nemmeno l'erba dei pascoli, e senza benzina voglio vedere come tagliate la legna. D'inverno che cosa pensate, di mangiare polenta e patate come i vecchi?”.

'Le otto montagne' non è insomma un libro scontato, forse per questo ha ottenuto tanto successo. Per la sua capacità di far riflettere su quanto il rapporto tra l'uomo e l'ambiente sia complesso: almeno quanto quello che intrattiene con i suoi simili. Lo spiega bene un dialogo tra Berio e il padre: “'Guarda quel torrente lo vedi? – disse – Facciamo finta che l'acqua sia il tempo che scorre. Se qui dove siamo noi è il presente da quale parte pensi che sia il futuro?'. Ci pensai. Questa sembrava facile. Diedi la risposta più ovvia: Il futuro è dove va l'acqua giù per di là. 'Sbagliato – decretò mio padre – per fortuna'”. Berio ci metterà un po', ma poi capirà perché la risposta più ovvia era sbagliata.

 

titolo: Le otto montagne
categoria: Narrativa
autore/i: Cognetti Paolo 
editore: Einaudi
pagine: 199
prezzo: € 11.90

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