Narrativa

Cosmacini contro la medicina del silenzio

di Marco Ferrazzoli
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Lo storico della medicina Giorgio Cosmacini esce a breve distanza tra loro con due saggi: 'Il medico d'oggi è nato in Egitto' per Piccin editore e 'Medicina narrata', in cui raccoglie e commenta alcuni spunti letterari in base non tanto al loro valore narrativo quanto dell'utilità a livello clinico. Cosmacini, che è sia medico sia laureato in filosofia, è infatti un assertore della convergenza tra aspetti umanistici e scientifici della professione, come sostiene nei suoi saggi con competenza e passione. La sua idea è che il medico, “dal contatto diretto col malato e col suo ambiente”, sia passato a una “mediazione tecnologica spesso esautorante” che “riduce l'antropologico al somatico” e la medicina al “silenzio”. Se il medico “ipertrofizza la propria obiettività scientifico-tecnica e nel contempo atrofizza l'altra sua metà, la soggettività umano logica”, spiega, finisce per privilegiare la “competenza” a scapito di un aspetto altrettanto necessario, la “disponibilità”. L'autore è insomma un rappresentante – e un pioniere, per l'Italia - delle medical humanities, ormai da decenni entrate a far parte del bagaglio formativo del medico, prima in Nord America e oggi anche in Europa e in Italia, insegnamenti che si propongono non “semplicemente di abbellire la pratica”, ma di recuperare “l'importanza della parola” a livello diagnostico e terapeutico.

Se “la medicina narrativa cura meglio”, come dice Cosmacini, la grande letteratura fornisce un patrimonio diagnostico-terapeutico inestimabile. Tra gli altri, nel libro vengono citati 'Illness as Metaphor' di Susan Sontag, le 'Ricordanze di Bartolomeo Masi calderaio fiorentino', 'La vita' di Benvenuto Cellini, l'ultima scena dell'ottocentesco dramma di Henrik Ibsen 'Spettri' con l'invocazione delirante “Mamma dammi il sole”, l'introduzione alla “prima giornata” del Decameron, l'immaginaria “peste di Orano” di Albert Camus, epidemica allegoria del nazismo. La rilevanza di alcune opere è particolarmente evidente. Nel poema in esametri 'Syphillis seu morbus gallicus', per esempio, Girolamo Fracastoro ci aiuta a sciogliere l'etimologia controversa del nome sifilide. Tra le tante pagine manzoniane - dal capitolo XXXIV dei Promessi sposi alla battuta di don Abbondio: “È stata un gran flagello questa peste; ma è stata anche una scopa” - a livello epidemiologico è significativa soprattutto quella in cui si racconta come “Al primo parlar che si fece di peste, don Ferrante fu uno dei più risoluti a negarla”, tanto che “non prese nessuna precauzione”. Nella 'Peste scarlatta' che Jack London colloca immaginariamente nell'anno 2013, scrivendone però 100 anni prima, la parola “virus” viene usata per la prima volta al di fuori della ristretta comunità degli addetti ai lavori. Infine, il modello della tubercolosi tracciato da Thomas Mann nella 'Montagna incantata' del 1924 resta valido per la medicina ufficiale ancora decenni dopo.

 

titolo: Medicina narrata
categoria: Narrativa
autore/i: Cosmacini Giorgio 
editore: Sedizioni
pagine: 92
prezzo: € 18.00

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