Saggi

Diritto di bufala?

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di Marco Ferrazzoli

Un saggio di Carlo Magnani critica “l'enfasi che opinione pubblica e studiosi” riservano al “concetto peraltro incerto” di fake news. L'origine delle polemiche, secondo l'autore, è in parte politica e legata all'inedito ruolo dei grandi operatori delle piattaforme sociali. Ma “questo allarmismo, pur se animato da nobili fini, rischia di suggerire rimedi che non sono meno problematici dei mali”

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Con il titolo provocatorio di “Finché ci sono fake news c'è speranza”, il saggio di Carlo Magnani edito da Rubettino evidenzia “l'enfasi che opinione pubblica e studiosi hanno riservato (e riservano tuttora)” a questo “concetto peraltro incerto”, che “sino a qualche anno fa era una categoria completamente sconosciuta”. Come mai tanta recente ed eclatante fortuna? Secondo l'autore “l'origine del fenomeno” è politica e rimanda a tre eventi del 2016 - “prima il referendum sulla Brexit in Gran Bretagna (23 giugno), poi l'elezione di Trump alla Casa Bianca (8 novembre), infine il referendum costituzionale italiano di fine anno (4 dicembre)” - che hanno prodotto profluvi di commenti sulle bufale che avrebbero adulterato la genuinità dei suffragi. A questa inedita attenzione “si è aggiunta quella verso i mezzi di diffusione: sotto accusa sono finiti i nuovi media”, cioè i social, contro cui “si è andata ben presto consolidando una retorica” che li considera gli “agenti principali della cattiva informazione” e l'ecosistema ideale per “discorsi di odio e diffusione di teorie pseudoscientifiche che contestano il sapere ufficiale”. Termini ed espressioni come “populisti” e “camere dell'eco” risuonano sempre più spesso nel dibattito, inducendo “una sorta di pessimismo sulle condizioni e sulla sorte tanto della libertà d'espressione che della democrazia. Sono lontani i tempi delle visioni utopistiche di internet come strumento di liberazione”.

Secondo Magnani, “questo allarmismo, pur se animato da nobili fini rischia di suggerire rimedi che non sono meno problematici dei mali”. Non che il sistema attuale non richieda correttivi: “I grandi operatori delle piattaforme sociali sono i veri proprietari della sfera pubblica, che governano con strumenti algoritmici automatici che sfuggono al controllo diretto. Il rischio è che la politica sia condizionata da soggetti transnazionali che operano per lucro”. Si pensi ai “cosiddetti Over The Top (Ott) che gestiscono e forniscono i principali servizi di accesso e di comunicazione (Facebook, Google, Twitter per citare i maggiori)”. Se la dimensione industriale e globale del fenomeno richiede un approccio diverso, nella sostanza “non c'è nulla di nuovo”. La polemica sulle fake è figlia della posizione socratica sulla retorica e sui sofisti, di “quell'idea di verità come corrispondenza tra il discorso e la realtà delle cose che sarà centrale anche in Aristotele”. Insomma, “gli spin doctors dei politici di oggi assomigliano molto a nuovi sofisti”.

La proposta del saggio è demandare la questione alla scienza giuridica, così da valutare la verità con il parametro delle norme. In particolare, dell'articolo 21 della Costituzione, secondo cui è consentito al “legislatore ordinario di vietare e punire […] il subiettivamente falso, la menzogna, il dolo, l'inganno, il raggiro, ove sia raggiunta la prova della divergenza della espressione dall'interiore pensiero”. Resta escluso invece da possibili sanzioni “l'obiettivamente erroneo”, che dovrebbe essere corretto mediante la rettifica. L'intenzione, la buonafede di chi afferma il falso è insomma dirimente. Mentre un'applicazione estensiva del principio di verità “potrebbe essere strumento ed offrire occasione di persecuzione politica ed edeologica”.

Quando si denuncia “l'insufficienza della legislazione ordinaria nel contrasto alla cattiva informazione”, avverte l'autore, “occorre quindi distinguere” tra “diritto e libertà di narrare fatti e opinioni” e dovere del giornalista che osserva “la verità sostanziale dei fatti”. Una non sempre agevole interfaccia diritto-dovere, ribadita anche dalla Legge n. 69 del 1963: “È diritto insopprimibile dei giornalisti la libertà d'informazione e di critica, limitata dall'osservanza delle norme di legge dettate a tutela della personalità altrui, ed è loro obbligo inderogabile il rispetto della verità sostanziale”. Quanto il tema sia ricco di sfumature lo conferma il principio ribadito recentemente dalla Cassazione per cui il “diritto di satira, a differenza di quello di cronaca, è sottratto al parametro della verità dei fatti”, un'eccezione di non immediata applicazione, visto che “la separazione tra contenuto satirico e quello informativo risulta di difficile determinazione”.  

titolo: Finchè ci sono fake news c’è speranza
categoria: Saggi
autore/i: Magnani Carlo
editore: Rubettino
pagine: 160
prezzo: € 16.00

 

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