Faccia a faccia

Pingitore: viviamo in una Babele, più voce alla scienza

Pier Francesco Pingitore
di M. F.

L'autore del Bagaglino partecipa, con i suoi versi in romanesco, al volume “Genesi”, che raccoglie le illustrazioni dal pittore perugino Franco Venanti e i contributi scientifici di Lino Conti e Luca Gammaitoni. È lo spunto per una chiacchierata su Roma e sull'ambiente, sui social network e sulla televisione. Con un appello a ritrovare il senso civico e ad ascoltare gli esperti autentici

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Pier Francesco Pingitore stavolta si è ritrovato in una compagnia editoriale e non teatrale, capeggiata dal pittore perugino Franco Venanti e composta, oltre che da un collega dello spettacolo come Guido Barlozzetti, da due esponenti del mondo della ricerca: Lino Conti, che insegna Storia della scienza e della tecnica e Storia del pensiero scientifico presso l'Università di Perugia, e Luca Gammaitoni, fisico che dirige il Noise in Physical System Laboratory (NiPS Lab) presso lo stesso ateneo e che è stato tra i finalisti del Premio divulgazione scientifica dell'Associazione italiana del libro, patrocinato e ospitato dal Cnr, con un saggio scritto con Angelo Vulpiani ed edito da Dedalo: “Perché è difficile prevedere il futuro. Il sogno più sfuggente dell'uomo sotto la lente della fisica”. La presenza nell'eterogenea compagine del cofondatore del Bagaglino (il nome del cabaret doveva essere Bragaglino, ma gli eredi di Anton Giulio Bragaglia si opposero) e di centinaia di film, spettacoli teatrali e televisivi (l'ultimo in onda “Magnámose Tutto!”, nel 2017 su Canale 5) è dovuta a un'idea di Venanti: dedicare alla “Genesi” un volume che affiancasse le proprie illustrazioni con i versi in romanesco di Pingitore, arricchito da alcuni contributi tesi a evidenziare analogie e differenze tra il primo libro della Bibbia e le nostre conoscenze scientifiche sulle origini dell'Universo (il libro è uscito per le Edizioni Futura).

“L'amicizia e la collaborazione con Venanti, e quindi quest'opera, sono nate per mediazione di un comune amico, il giornalista Francobaldo Chiocci. Ma la mia passione per la poesia romanesca, sulla scorta di maestri come Cesare Pascarella e Trilussa, è antica: anche se anagraficamente sono nato in Calabria, lavoro e vivo nella Capitale da quando avevo due anni. Nel cabaret televisivo che mi ha reso noto ho sempre usato un italiano venato di calate dialettali, ma a me piace soprattutto scrivere nella lingua della mia città, che con le sue troncature suona sempre diretta, rapida, mentre ad esempio il napoletano è molto più dolce, suadente, flessuoso. E comunque riconosco ai dialetti in generale una vitalità talvolta superiore a quella dell'italiano”. 

I versi della “Genesi” sono ovviamente umoristici, anche satirici, ma mai irriverenti: come si mantiene l'equilibrio quando si tratta un importante tema religioso in chiave brillante? 

Che si sia credenti o no - e io francamente non lo sono molto - verso le nostre radici ebraico-cristiane, e dunque anche verso la Bibbia, dobbiamo non solo il rispetto che si porta alle fedi religiose, ma il riconoscimento che si tratta delle basi della nostra civiltà. Quel concetto che Benedetto Croce espresse con il celeberrimo 'Perché non possiamo non dirci cristiani.

Genesi Il problema, forse, è che oggi manca il rispetto verso le radici in generale, a giudicare da come trattiamo sia il patrimonio culturale sia l'ambiente. Non trova?

Nel vedere le condizioni in cui versa Roma mi prende uno sconforto assoluto: è inutile che faccia i soliti esempi, dall'immondizia alle strade, dal verde ai mezzi di trasporto. Non darei però tutta la croce alla politica e all'amministrazione, che certamente hanno le loro responsabilità, poiché noto anche un disinteresse diffuso, un menefreghismo a livello civico per il quale nessuno di noi più si considera responsabile del luogo in cui vive. Sto facendo un discorso da vecchio, lo so, ma essere cittadini romani dovrebbe darci un moto di orgoglio, è un privilegio del quale dovremmo andare fieri.

A dire il vero non sembriamo fieri neanche del privilegio di vivere in questo pianeta, che pure meriterebbe più attenzione e rispetto.

Su questo tema vedo tanta mobilitazione, mediatica e giovanile. Vorrei però che fosse più presente e ascoltata la voce della scienza, che fossero i ricercatori a dirci in quali condizioni siamo, quali previsioni possiamo fare, che misure prendere, quanta parte dei processi climatici è da attribuire a cause naturali e quanta all'uomo… La necessità di ritrovare una maggiore autorevolezza della scienza vale anche al di là del tema ambientale: è possibile che sulla medicina, sulle terapie, sui vaccini ci sia un profluvio di voci, incluse quelle di autentici ciarlatani, quando invece dovremmo ascoltare solo quella, netta e chiara, dei ricercatori e degli esperti autentici?

Secondo lei questo anti-scientismo a cosa è dovuto?

So di dare un'altra risposta da anziano, ma lo attribuisco ai nuovi mezzi di comunicazione che consentono a chiunque di dire la propria su qualsiasi argomento, indipendentemente dalla competenza. Per carità, ricordo perfettamente che questo è sempre avvenuto, nei bar o sui mezzi pubblici, ma l'audience dell'ignorante che diceva sciocchezze era ristretta; oggi, invece, può essere amplissima. E oltretutto la quantità di voci è aumentata in misura tale che viviamo in una vera Babele, per usare un termine biblico, diventa impossibile capire, comprendere, distinguere.

Dunque lei è contro i social network, pur essendo un protagonista della televisione alla quale sono e sono state rivolte critiche molto simili. Non è una contraddizione?

La tv in passato ha avuto grandi meriti educativi, pedagogici, formativi. Certamente, negli ultimi anni, anche questo mezzo va verso la deriva negativa che stiamo dicendo. Mi limito a valutare l'involuzione subita dal settore in cui lavoro: il nostro cabaret poteva ovviamente piacere o meno - e piaceva a molti, visti gli ascolti - ma in ogni caso per costruirlo leggevamo, ci informavamo, scrivevamo dei testi, ci confrontavamo tra autori, attori, registi. C'era un pensiero, un'idea, condivisibile o meno. Oggi, prendiamo come esempio i talent, basta indire un concorso, selezionare i partecipanti e metterli sul palco a gareggiare. E non è nemmeno detto che davvero siano i candidati migliori, perché magari si manda in onda anche l'incapace per creare il momento di scherno. Questo porta tra l'altro a formare schiere di illusi, persone che nel Paese sono considerate simpatiche o capaci in qualcosa dagli amici e che vengono improvvisamente mandate allo sbaraglio.

Però lei, che è partito con il cabaret teatrale ed è arrivato alla prima serata televisiva, sa che quanto più si allarga la platea tanto più si tende ad abbassare il livello del prodotto.

Certo, le raffinatezze e le arditezze che con Mario Castellacci potevamo permetterci nel testo che presentavamo a cento persone non le potevamo più usare quando abbiamo cominciato a rivolgerci a milioni di spettatori, come è accaduto con spettacoli quali 'Dove sta Zazà', 'Mazzabubù', 'Biberon', 'Crème Caramel'…

Lei, comunque, continua a lavorare. Cos'ha adesso in cantiere?

Più che in cantiere, in scena: al Salone Margherita di Roma fino al 20 febbraio 'La presidente', in cui immaginiamo che Valeria Marini sia eletta Capo dello Stato.

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