Faccia a faccia: Olimpiadi invernali

Carla Fendi: quando l'arte va di moda

Carla Fendi
di Sandra Fiore

“Il mecenatismo è un valore che bisognerebbe trasmettere ai giovani affinché si sentano legati alla cultura del Paese in cui hanno avuto la fortuna di vivere”. Carla Fendi, esponente della griffe italiana, nota in tutto il mondo, questa educazione l’ha ricevuta dai genitori, Edoardo ed Adele, artigiani pellicciai di Roma che nel 1925 fondarono la storica casa di moda.

Pubblicato il

“Il mecenatismo è un valore che bisognerebbe trasmettere ai giovani affinché si sentano legati alla cultura del Paese in cui hanno avuto la fortuna di vivere”. Carla Fendi, esponente della griffe italiana, nota in tutto il mondo, questa educazione l’ha ricevuta dai genitori, Edoardo ed Adele, artigiani pellicciai di Roma che nel 1925 fondarono la storica casa di moda. Fin da allora, nei laboratori di Casa Fendi, la passione per la lavorazione delle pellicce e del cuoio si accompagnava ad una particolare all’attenzione al mondo dell’arte. Del resto, solo dall’amore per il bello possono nascere capi e oggetti di alta qualità, design, eleganza. Carla, la quarta delle cinque sorelle Fendi, nel 2007 ha voluto contribuire in prima persona alla salvaguardia del nostro patrimonio, creando una Fondazione per preservare beni e valori culturali. Tra le azioni ha realizzato il restauro del Teatro 'Caio Melisso’, in accordo con il Comune di Spoleto,  e ha istituito un Premio destinato a personalità dell’arte e dello spettacolo.

 Come è nato l’interesse verso il teatro 'Caio Melisso’?

Dal mio amore per l’arte e per Spoleto, una città cui sono affezionata sin dai tempi di Giancarlo Menotti, al quale ero legata da una affettuosa amicizia, fondatore del Festival dei Due Mondi che avevo sostenuto con l’azienda. Dopo la sua morte, cui sono seguiti anni difficili, il Festival è tornato a vivere con la direzione artistica di Giorgio Ferrara e ho voluto sponsorizzare la manifestazione con la Fondazione Carla Fendi. Da qui l'idea di intraprendere il restauro di uno dei gioielli d’arte della città. I lavori sono iniziati nel 2011 e procedono, nonostante l’intricato iter burocratico che spesso blocca operazioni di questo genere nel nostro Paese.

Cosa si può fare per incentivare il nostro patrimonio di competenze?

Ho scoperto che nel territorio di Spoleto esistono delle culture artigianali di grande valore, come appunto la Coobec, una cooperativa di restauratori di grande livello che sta portando avanti il recupero del teatro. Nella omologazione portata dalla 'globalizzazione', la maestria espressa dagli antichi mestieri è da salvaguardare al pari delle opere d’arte.

Nel 2012 ha istituito il Premio Carla Fendi. L’Italia è ancora il paese della creatività?

Certamente, è la nostra ricchezza e su questa dobbiamo investire. Nelle due edizioni è stato dato il riconoscimento a personaggi del calibro di Liliana Cavani, Dante Ferretti, Francesca Lo Schiavo ma anche ad artisti internazionali come il coreografo Bob Wilson e la regista Julie Taymor.

Teatro di Spoleto

Cosa pensa della crisi delle istituzioni culturali italiane? 

La cultura è il primo valore da sostenere e nei momenti di crisi è indispensabile l’intervento dei privati; ma è altrettanto importante educare i giovani affinché siano coinvolti e responsabilizzati nel sostegno alla nostra identità culturale. Vorrei che in Italia il mecenatismo diventasse una pratica diffusa, proprio come in America, dove questa azione viene supportata e tramandata  a livello familiare. Altrettanto fondamentale è l’incentivo dello Stato, attraverso una politica di adeguati sgravi fiscali.

Che rapporto ha con la scienza?

Credo molto nella ricerca e, per quanto mi è possibile, la sostengo perché ad essa è affidato il futuro di un’umanità troppo spesso incurante dei danni da lei stessa creati.

Le strutture di ricerca, tra cui il Cnr, operano anche nel settore dei tessuti. Su cosa si gioca la sfida dell’innovazione nel comparto moda?

Nei nuovi materiali, nelle pelli innovative, nelle tecnologie e lavorazioni, valori che fanno parte da sempre della cultura di Fendi. Guardiamo al futuro nel rispetto del passato e delle tradizioni.

Le grandi maison sono in attivo nell’export, mentre la piccola e media impresa è in affanno. Come rilanciarla?

Per difendere il settore occorre puntare sugli elementi che distinguono da sempre la nostra produttività: artigianalità, rispetto della qualità del prodotto e naturalmente la fantasia. Non c’è paese che sappia coniugare tutti questi elementi come il nostro.

La contraffazione dei brand è un problema grave. Cosa si può fare?

Combatterla perché arreca danni non solo all'economia, ma anche alla proprietà intellettuale dei prodotti. Finalmente anche in Italia è stata varata la legge che punisce non solo chi produce oggetti contraffatti ma anche chi li acquista. Bisogna poi sensibilizzare l’opinione pubblica, sottolineando che questo mercato viola le leggi e, indirettamente, offre un sostegno alla criminalità e allo sfruttamento della mano d’opera.

Cosa pensa dell'espansione delle catene commerciali a svantaggio delle piccole botteghe?

I maestri artigiani, soprattutto quando sono capaci di innovare la tradizione, vanno aiutati, anche dal punto di vista fiscale, affinché il loro sapere possa essere tramandato alle nuove generazioni. Il loro lavoro a volte è molto ricercato e apprezzato dai turisti, che sono una garanzia per la loro sopravvivenza.

 Com’è dal suo punto di vista la nostra accoglienza turistica?

In alcuni casi ottima, come nelle boutique di alta gamma, dove l’accoglienza non significa solo business ma anche immagine da 'trasmettere’ in tutto il mondo. In altre situazioni, come nei circuiti monumentali, bisognerebbe migliorare la ricettività attraverso orari più elastici, una migliore offerta dei servizi e una maggiore valorizzazione delle opere. Siamo talmente abituati alle nostre bellezze che talvolta non ci rendiamo conto dell’importanza di salvaguardarle, nonostante siano una fonte di lavoro e di indotto turistico.

Infine, l’oggetto alla moda, come status symbol, diventa sempre più un bisogno per i ragazzi. Qual è la sua opinione?

Bisogna insegnare alle nuove generazioni la differenza tra l’essere l’apparire: distinguersi nelle scelte è meglio che omologarsi nel mare di un consumismo spersonalizzante.

 

 

Tematiche
Argomenti