Faccia a faccia

Cinzia Th Torrini, una regista attenta all'ambiente

Cinzia Th Torrini
di Rita Bugliosi

Dopo il diploma all'Accademia di cinema di Monaco di Baviera, torna in Italia e realizza, nel 1982, il primo lungometraggio 'Giocare d'azzardo'. Nel 2000 passa alla tv con 'Piccolo mondo antico', accolto con successo dal pubblico, come poi Elisa di Rivombrosa e 'La Certosa di Parma', andata in onda lo scorso marzo. Ora sta pensando di tornare al grande schermo

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Regista e sceneggiatrice di cinema e televisione, Cinzia Th Torrini debutta nel 1982 alla Mostra del cinema di Venezia con 'Giocare d'azzardo'; tre anni dopo gira 'Hotel Colonial', a cui seguono numerosi film, spesso in coproduzione con Germania, Francia e Svezia.

Vince tra gli altri con il premio come miglior regia a Umbria Fiction, oltre al premio di miglior regia all'Umbria Fiction, vince tra l'altro quello per il miglior film e miglior protagonista a Sichuan in Cina e il Valmarana del Sindacato nazionale giornalisti cinematografici e televisivi italiani. Tra gli altri riconoscimenti, quello per il film 'Iqbal', sullo sfruttamento dei bambini.

Nel 2000, realizza il suo primo film in costume con 'Piccolo mondo antico'. Nel 2003 ottiene un enorme successo con 'Elisa di Rivombrosa', la prima serie in costume realizzata per la tv, venduta e premiata in vari paesi europei. Con la sua società Cassiopea realizza due documentari, 'Un incontro con Chiara' e 'La Bagnaia - Il sogno di Marisa Riffeser', e la miniserie 'Terra Ribelle'. Quest'anno, a marzo, è andato in onda su Rai Uno il suo 'La Certosa di Parma'.

Fiorentina, ha scelto di diplomarsi a Monaco di Baviera: ritiene che a livello formativo l'Italia non sia competitiva?

Con la mia scelta di studiare all'estero ho anticipato quello che oggi fanno tanti giovani. Io allora sono 'espatriata' perché volevo lavorare nel cinema e, non essendo figlia d'arte, ho ritenuto utile formarmi in un paese in cui il cinema era all'avanguardia e vantava registi quali Volker Schlöndorff, Rainer Werner Fassbinder, Werner Herzog. Alle superiori ho frequentato il liceo linguistico, cui avevo già una discreta padronanza del tedesco e riuscii così a superare la selezione per entrare all'Accademia di cinema. Al termine del corso, dopo il diploma, ho deciso però di tornare nel mio Paese, in primo luogo perché qui sono le mie radici ma anche per ragioni climatiche: sono meteoropatica e il freddo e la pioggia della Germania avevano effetti negativi sul mio umore.

Pensa che formarsi all'estero sia valido anche in generale?

Si, penso sia molto utile: confrontarsi con culture diverse fornisce una preparazione ampia e completa. Credo però che, una volta terminato il percorso formativo, sia giusto tornare in patria. In fondo la mia scelta è stata premiata: la preparazione acquisita e i rapporti stretti con realtà professionali tedesche mi hanno consentito di realizzare, senza troppe difficoltà, il mio primo film, 'Giocare d'azzardo'.

Perchè nel suo primo lungometraggio ha scelto di parlare della dipendenza dal gioco?

La storia di Anna, la protagonista del film, che dilapida tutti i suoi soldi nel gioco del lotto, in attesa dell'uscita di un numero in ritardo, è ispirata a una vicenda reale. Quando ero bambina, una vicina di casa dilapidò così i suoi risparmi e, giunta alla rovina, si suicidò. Il fatto mi colpì molto, ma soprattutto mi interessava affrontare nella pellicola il tema della dipendenza, un problema diffuso in molti ambiti, assai più di quanto si immagini allora come adesso.

Dal cinema è passata prevalentemente alla tv. Quali le ragioni?

Del tutto casuali: sono arrivata alla televisione grazie alla sceneggiatura di 'Plagio', un'opera del 1990 che affrontava il problema delle sette, un fenomeno all'epoca già diffuso negli Stati Uniti e che stava prendendo sempre più piede anche in Europa e in Italia. In quegli anni le storie di denuncia venivano proposte più alla tv che al cinema. Ora è diverso. Resto comunque interessata anche al grande schermo, in questo momento ho anzi una bella storia, con la quale mi auguro di tornare nel cinema, con cui vorrei tornare al cinema, anche se la situazione del settore è molto difficile.

Una scena del film tv La Certosa di Parma

n 'Elisa di Rivombrosa', suo grande successo tv, la protagonista, è una donna del '700 determinata e capace. Le donne di oggi somigliano a Elisa?

Elisa è una ragazza moderna, che vuole farsi rispettare e vuole realizzarsi, per questo il personaggio mi è piaciuto immediatamente. Oggi molte donne sono come lei, ma per loro resta ancora difficile affermarsi nel lavoro, sia esso artistico come scientifico. Siamo competenti quanto gli uomini, ma spesso non riusciamo a raggiungere posizioni di vertice, di leadership. Forse perchè non riusciamo a fare squadra come invece fanno gli uomini e questo ci penalizza.

Lo scorso marzo è andato in onda su Rai Uno la 'Certosa di Parma' tratta da Stendhal. Qual è stato il segreto del successo di questa fiction?

Quello di riuscire a rendere gradita ai telespettatori un'opera letteraria non conosciuta al grande pubblico con immagini ed emozioni. Indubbiamente, il fatto che si tratti di un'opera di evasione la rende gradita al pubblico in un momento di crisi quale quello attuale. Ma credo che la motivazione principale stia nel fatto che, narrando una storia d'amore, la fiction affronta tematiche legate alla vita vera, quotidiana.

Ha mai pensato a un film o a una fiction tv sul mondo della scienza?

Sì, mi piacerebbe raccontare il mondo scientifico, ma forse sceglierei un'opera alla Robert Zemeckis, con un taglio fantascientifico e futuribile.

A chi in particolare si dedicherebbe?

Da piccola mi ha sempre affascinato la figura di Louis Pasteur, uno scienziato che ha operato in diversi settori: fondatore della microbiologia, è riuscito a migliorare la nostra condizione di vita, debellando numerose malattie, dalla setticemia alla tubercolosi, dal vaiolo alla rabbia.

Qual è il settore scientifico che più la interessa?

Seguo con attenzione le ricerche riguardanti le energie alternative e più in generale tutto ciò che serve a tutelare il nostro Pianeta. Sono una fautrice del consumo di alimenti a chilometro zero e sono vegetariana perché ritengo che vada incentivato tutto ciò che riduce l'inquinamento.

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