Editoriale

Pari opportunità nella scienza: questione di giustizia e di interesse

pari
di Marco Ferrazzoli

Abbiamo dedicato il Focus di questo Almanacco ai luoghi comuni che circondano gli italiani: scopriremo assieme ai nostri ricercatori che molti non rispondono alla realtà. Ma non possiamo tacere di un altro pregiudizio, quello sulle donne nella scienza. Nel mese in cui sono state infatti insignite del Nobel due scienziate, a guastare il clima sono stati due episodi

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Abbiamo dedicato il Focus monografico di questo Almanacco della Scienza ai luoghi comuni che circondano gli italiani e che spesso noi stessi alimentiamo: scopriremo assieme ai nostri ricercatori che molti di questi non rispondono affatto alla realtà. Ma qui vogliamo accennare anche a un altro pregiudizio, quello sulle donne nella scienza. Un tema su cui avremmo ottime ragioni di soddisfazione, visto che quest'anno sono state insignite del Nobel due scienziate, Frances H. Arnold (con George P. Smith e Gregory P. Winter) per la Chimica e Donna Theo Strickland (con Gérard Mourou e Arthur Ashkin) per la Fisica.

A guastare il clima sono stati però alcuni episodi. Il principale riguarda Alessandro Strumia dell'Università di Pisa, che in un convegno su 'Fisica e parità di genere' svoltosi al Cern ha tenuto una relazione che i media hanno definito “sessista”, ha tenuto una relazione “sessista”, per usare la parola che è più ricorsa sui media per descrivere la vicenda assieme a “bufera”. Il fisico, riguardo alla disparità tra i due sessi nella scienza, ha parlato di “vittimizzazione”, “ideologia”, “follia”, “attivisti del gender”, “estremismo puro”, “guerra civile fredda”, “clima tossico”, sostenendo che “di certi argomenti non si può parlare”, altrimenti “ti troncano la carriera”, tanto che “in pochi abbiamo avuto il coraggio”.

Ad avvelenare ulteriormente il clima, l'accusa lanciata dal docente a una commissione di concorso dell'Istituto nazionale di fisica nucleare che gli avrebbe ingiustamente preferito una donna (di questo riferimento però Strumia ha chiesto scusa, specificando che la collega è “bravissima”). Cern, Università e Infn hanno preso provvedimenti e annunciato indagini, sul caso è partita una petizione ma alcuni media hanno parlato di “svolta femminista della fisica”, prendendo le difese del fisico “che non si adegua”, “cacciato per una frase”, “sospeso per un'opinione” e paragonato persino a Giordano Bruno e Galileo Galilei.

In questi casi la polarizzazione mediatica non aiuta a capire i fatti, che sono oggettivi. Le disparità nella scienza esistono: basti dire che Strickland è la terza donna a vincere il Nobel per la Fisica contro 206 uomini e Arnold la quinta per la Chimica contro 175 maschi. Le discriminazioni altrettanto: Rosalind Franklin fu ignorata nell'assegnazione del Nobel per la Medicina a James Watson, Francis Crick e Maurice Wilkins sulla doppia elica del Dna, nonostante il contributo fondamentale a quegli studi. Jocelyn Bell, di recente insignita del Breakthrough Prize, venne estromessa dal Nobel sui pulsar del 1993 andato a Russell Alan Hulse e Joseph Hooton Taylor. Ma nella scienza esistono anche i pregiudizi, si pensi solo alle frasi indirizzate da Watson alla Franklin, la “terribile e bisbetica Rosy”: “Penso che avere tutte queste donne intorno renda le cose più divertenti per i maschi, ma probabilmente riduce la loro efficienza”.

Rivalità tra colleghi e baroni che ignorano il lavoro dei collaboratori, però, non riguardano solo i rapporti tra i due sessi. Mentre il fatto che nella scienza ci siano poche donne affermate a livello pubblico, come Fabiola Gianotti, Elena Cattaneo, Rita Levi Montalcini o Marie Curie, rientra nel problema generale dell'insufficiente riconoscimento della ricerca.

Un secondo episodio che ha avuto rilevanza mediatica riguarda Gérard Mourou, per un video del 2010 girato proprio per promuovere i raggi laser ad alta potenza per i quali il fisico ha appena ricevuto il Nobel: nella clip lo si vede ballare in laboratorio con alcuni ricercatori, tra cui due ragazze in canottiera e calzoncini. L'Accademia svedese ha parlato di “comportamenti che non condividiamo”, il Cnrs di immagini “degradanti per le donne” e lo scienziato si è difeso sottolineando il carattere palesemente ironico del video, in effetti confermato anche dall'abbigliamento e dall'atteggiamento dei ricercatori maschi.

La vicenda ricorda quella di Matt Taylor, l'astrofisico dell'Esa che dopo lo storico atterraggio del lander Philae sulla cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko si mostrò alle telecamere per raccontare la missione mostrando numerosi tatuaggi e una camicia in cui comparivano donne seminude. L'abbigliamento fu tanto criticato, il The Guardian lo definì “shirt-gate”, che il fisico si scusò pubblicamente, scoppiando in lacrime.

Depurato dal clamore, l'argomento è serio quanto complesso, date le molte cause che portano alla situazione attuale. Nel maggio scorso si è tenuta una giornata sulla parità di genere nella ricerca organizzata da Cnr e Infn nell'ambito del progetto Genera. La necessità di rimuovere le barriere che ostacolano la partecipazione delle donne all'attività scientifica, così come quella di offrire maggiori opportunità ai giovani, ovviamente nel quadro di una rigorosa meritocrazia, è una questione di equità e di interesse della scienza e della società. Le donne, pur essendo in maggioranza nell'istruzione superiore, sono sottorappresentate negli studi e nelle carriere, soprattutto ai livelli più elevati (il cosiddetto “soffitto di cristallo”). Istituzioni quali la Commissione Europea sono impegnate sul tema e i cambiamenti avvengono in maniera costante, ma lenta: secondo il Word Economic Forum, in Italia saranno necessari altri 118 anni per colmare il gap di genere.