Editoriale

L'analfabeta laureato

analfabeta
di Marco Ferrazzoli

Quello dei 'low skilled' è un problema grave che affligge anche le nuove generazioni, persino quelle che frequentano l'università. Colpa della mancata gestione della rivoluzione culturale portata dai new media, dai social e dal digitale. Questo sgradito ritorno, in una forma inedita, di un problema che speravamo di aver debellato con l'istruzione di massa, è uno dei 'rientri' a cui abbiamo dedicato il Focus di questo Almanacco

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Da qualche anno ho la fortuna e l'onore di insegnare in un'Università di Roma. È un'attività che svolgo con gratitudine ed entusiasmo intatti: in particolare mi appassiona la didattica che, anche solo da una domanda o da una risata, regala l'impressione (spero non sia un'illusione) che il rapporto con i ragazzi stimoli in loro interesse, curiosità, faccia insomma scattare quella molla che è alla base della conoscenza. La parte più frustrante - esclusa ovviamente la burocrazia, croce di molti docenti e ricercatori - è la valutazione: ridurre a un numero il giudizio su uno studente è limitante, inoltre in questa fase talvolta emergono nei ragazzi dei deficit importanti, ai quali chi insegna non sa bene come porre rimedio.

Qualche tempo fa è uscito su un quotidiano l'articolo molto sincero, quasi un outing, di un professore che confessava come in qualche caso, soprattutto a ragazzi che avevano già sostenuto l'esame più volte senza sostanziali miglioramenti, avesse concesso una sufficienza molto generosa, anche allo scopo di non vederseli più davanti. Capita purtroppo di provare una simile sensazione di impotenza quando nell'impreparazione dello studente si coglie una lacuna che rimanda alla formazione scolastica, alla mancanza delle minime basi linguistiche e culturali indispensabili per affrontare la complessità dello studio universitario. E, d'altra parte, si coglie anche la tendenza scolastica, nel senso deteriore del termine, a ripetere l'argomento relativo all'esame senza la capacità di stabilire nessi, di effettuare analisi e sintesi di una certa profondità.

Cito solo un esempio personale: uno studente, a cui avevo chiesto in quali capitoli del libro di testo si parlasse del rapporto tra comunità scientifica e magistratura, mi ha risposto citando un caso che riguarda l'approvazione di una legge. Ho in seguito scoperto che moltissimi altri ragazzi, anche reduci da esami di diritto pubblico, ignorano non solo la tripartizione dei poteri di Montesquieu, ma persino come nasca una legge. E ci si chiede quale sia il livello di consapevolezza civile che si può avere in queste condizioni, quanto sia facile divenire preda di ciarlatani, imbonitori, fake, bufale se non si possiedono i minimi rudimenti.

In questi casi insorge la facile tentazione di rimbalzare a qualcun altro la responsabilità. Per esempio alla scuola, un parafulmine usatissimo. Oppure, come implicitamente faceva anche l'autore dell'articolo citato prima, agli altri professori: se lo studente palesemente impreparato e immaturo sventola un libretto con parecchi voti, magari anche buoni, sorge l'impressione che i colleghi siano di manica larga, che non adoperino il necessario rigore. Sono tentazioni da respingere poiché siamo tutti, come docenti ma soprattutto come adulti, responsabili di una situazione purtroppo diffusa.

Non si tratta solo di una vaga correità generazionale, c'è una precisa e specifica colpa nel non aver sufficientemente gestito la rivoluzione culturale che si è compiuta sotto i nostri occhi, con l'avvento e poi il dominio dei new media, dei social network, del web 2.0, dei dispositivi mobili… Strumenti che sono divenuti il mezzo di comunicazione, informazione e quindi anche formazione prevalente dei giovanissimi (io ho a che fare con ventenni o poco più), creando una frattura profonda. È quindi tardivo e un po' ipocrita lo sconcerto che ci prende quando vediamo che i libri di testo vengono venduti il giorno dopo dai pochissimi studenti che li comprano, mentre la maggioranza campicchia tra sintesi e appunti prestati o compravenduti, spesso con la complicità di un mercato grigio che lavora ai fianchi degli atenei. Testi ovviamente curati in modo approssimativo, per cui agli orali si finisce spesso per sentir ripetere gli stessi slogan e, quando si prova a chiedere un ragionamento, capita di sentir replicare con disarmante ingenuità che non è quello il tipo di domande cui l'università prepara i ragazzi a rispondere.

È il fenomeno che si chiama 'analfabetismo funzionale' o dei 'low skilled', cioè persone che nonostante l'istruzione ricevuta manifestano carenze importanti di conoscenza, preparazione generale, capacità linguistiche e matematiche. Persone che rischiano di essere emarginate e che fanno fatica ad affermarsi a livello professionale, data la competizione agguerrita che caratterizza il mondo del lavoro. Ed è un dovere riflettere, come docenti e come adulti, su come aiutare questi ragazzi, evitando lo scontro frontale ma anche di abdicare alla funzione di educatori.

Quello dell'analfabetismo, nella forma che abbiamo descritto, è uno dei 'ritorni' a cui abbiamo dedicato il Focus monografico di questo Almanacco della scienza: essendo giunti a settembre, mese di rientro per tradizione, ci è sembrato un tema interessante, che i ricercatori del Cnr ci hanno aiutato a declinare sotto vari aspetti. Buona lettura.

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