Editoriale

Scienza: più mi informo, meno so?

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di Marco Ferrazzoli

Il paradosso dell'overdose comunicativa cui siamo sottoposti si registra anche sui temi della scienza, della tecnologia e della salute. Dove spesso sono i più mediaticamente attenti e persino i più alfabetizzati sul tema specifico a dare risposte e assumere comportamenti contraddittori

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Un interesse significativo, ma confuso nell'overdose di comunicazione e informazione alla quale siamo ormai quasi tutti sottoposti. Questo il quadro confermato dall'Annuario scienza e tecnologia e società 2018, curato da Observa-Science in Society e recentemente uscito per Il Mulino. I tre quarti degli italiani dichiarano di guardare trasmissioni televisive che parlano di scienza e tecnologia almeno una volta al mese, i due terzi leggono articoli al riguardo sulla stampa quotidiana, più della metà consulta siti e blog o legge riviste e più di un terzo ascolta trasmissioni radiofoniche in tema: nel 2017, anzi, i fruitori assidui di tutti i mezzi considerati raggiungono picchi mai toccati. Il 42% ha visitato almeno un museo o una mostra scientifica nell'ultimo anno e il 22% ha seguito un incontro o dibattito e anche queste sono percentuali record.

Il problema nasce quando si chiede al campione se ricordi il nome di almeno un sito, trasmissione, testata o programma: le percentuali crollano e tra i pochi a salvarsi dall'oblio troviamo Tg Leonardo, Super Quark, Ulisse, Passaggio a Nord Ovest, Geo&Geo, Voyager, Atlantide, Radio3 Scienza, Sky Discovery, National Geography e Focus. Altro problema, la fruizione dei contenuti scientifico-tecnologici aumenta con il livello di istruzione, come prevedibile, ma diminuisce con l'età. È purtroppo il trend che riscontriamo per la lettura dei libri e la frequentazione dei musei: finché si è obbligati dalla scuola lo si fa, ma didattica e pedagogia non sedimentano un sincero amore per la cultura.

Un po' il discorso che si fa per 'I promessi sposi', romanzo straordinario che sui banchi di scuola si finisce per odiare, ma anche per la matematica, dalla quale l'istruzione sembra vaccinarci, tanto ce ne teniamo a distanza finiti gli studi. Del resto anche tra i sacerdoti circola la battuta sul prete che, dovendo cacciare due piccioni entrati in chiesa, li cresimò, sapendo quanto tale sacramento determini la fine della pratica religiosa. Evidentemente qualcosa nella formazione non funziona, tanto meno oggi che ci rivolgiamo a ragazzi alfabetizzati soprattutto digitalmente, in alcuni casi prima ancora che con gli strumenti tradizionali e analogici, quindi abituati a una fruizione molto frettolosa e superficiale dei contenuti. Facebook e YouTube, Instragram e Twitter sono peraltro i social più utilizzati da chi cerca contenuti relativi a scienza e tecnologia.

Il test standardizzato con cui si misura l'alfabetismo scientifico dei cittadini subisce un calo, a conferma che l'esposizione alla scienza nei media non risponde esattamente a maggiore e migliore conoscenza, ma ancor più significativo è che le opinioni più ambivalenti e perfino contraddittorie sul rapporto tra benefici e rischi legati al progresso scientifico sono soprattutto dei cittadini che più seguono la scienza sui media. Dovremmo quindi concludere che è preferibile parlare poco di ricerca e innovazione sui mezzi di comunicazione e informazione? Ovviamente no, ma dobbiamo ammettere che nemmeno questi temi si sottraggono al caos mediale che sempre più constatiamo. Non a caso il settore disciplinare cui gli italiani sono più interessati, cioè medicina e salute, come prevedibile, è anche quello su cui la discussione pubblica ha segnato nello scorso anno il dibattito più rovente e controverso, quello sulle vaccinazioni obbligatorie, che peraltro pare aver prodotto un aumento della quota di favorevoli.

Ma anche qui, di nuovo, le contraddizioni non mancano. Gli italiani per informarsi sui vaccini si fidano soprattutto di medici e pediatri, fortunatamente, ma la tendenza all'auto-cura è maggiore soprattutto tra i più istruiti e alfabetizzati. Così come il ricorso a una cosiddetta medicina alternativa o complementare, priva di riconoscimento scientifico come l'omeopatia, che però è prescritta da medici e venduta in farmacia. Ancora: le notizie diffuse su web e social sono considerate le più credibili, mentre i giornalisti sono ritenuti i principali responsabili della diffusione di notizie false relative a scienza, tecnologia e salute. È insomma almeno in parte comprensibile, se non giustificato, che alcune bufale vengano prese in considerazione poiché il disorientamento è forte anche per chi cerca di 'farsi un'opinione', come si dice con un'espressione che però su questi temi, per antipatico che sia dirlo, non ha senso.

L'esposizione alla scienza nei media, come pure l'alfabetismo scientifico, non comporta in automatico una migliore opinione pubblica su questi contenuti né tanto meno una modifica positiva dei comportamenti: dobbiamo ammetterlo chiaramente. Non per smettere di fare divulgazione corretta, ma per farla in modo sempre più efficace.

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