Focus: Raffaello

Entrare nei capolavori del Sanzio

Raffaello Sanzio
di Sandra Fiore

Indagini non invasive condotte dal Consiglio nazionale delle ricerche su opere quali la Madonna del Cardellino, la Madonna del Granduca, la Muta, la Pala Baglioni, rivelano i segreti pittorici del “divin Maestro”: ripensamenti negli sfondi, nuove stesure, tessitura cromatica. Segreti svelati dagli esperti grazie all'ausilio di tecnologie innovative

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Cosa si nasconde sotto, dietro, dentro il dipinto? È la domanda cui spesso sono chiamati a rispondere i ricercatori, quando occorre indagare un'opera al di là dell'immagine che ci mostra o esaminarne l'aspetto materico. per capire il processo creativo seguito dall'artista. Se poi il pittore in questione è Raffaello, uno dei più grandi artisti d'ogni tempo, l'indagine scientifica si carica di una notevole dose di emozione. Ce lo raccontano i colleghi dell'Istituto nazionale di ottica (Ino) del Cnr, che collabora con l'Opificio delle pietre dure a Firenze nelle indagini diagnostiche su molti capolavori, e dell'Istituto  di scienze e tecnologie chimiche (Scitec) di Perugia

In questa attività i ricercatori del Cnr-Ino hanno avuto spesso incontri ravvicinati con Raffaello, attraverso l'osservazione scientifica di alcune straordinarie testimonianze della sua produzione. Tra queste, la Madonna del Cardellino, conservata nella Galleria degli Uffizi, opera dalle vicende conservative complesse. Dipinta intorno al 1506 per le nozze di Lorenzo Nasi, ricco mercante fiorentino, fu gravemente danneggiata nel 1547, allorché il palazzo della famiglia crollò. La tavola venne ricomposta nel miglior modo possibile e fu dato l'incarico a Ridolfo Del Ghirlandaio, amico di Raffaello, di eseguire un restauro che comportò numerose integrazioni.

Raffaello Sanzio

Nel 2008 l'opera venne sottoposta a un delicato intervento di restauro compiuto dall'Opificio delle pietre dure, supportato per le indagini scientifiche dal Cnr. L'obiettivo era chiarire quali fossero i materiali pittorici usati da Raffaello e da Ridolfo, nonché le stratificazioni degli interventi successivi, che nascondevano la policromia raffaellesca. “In questi lavori multidisciplinari possiamo vantare l'uso dello scanner per riflettografia IR con immagine a colori, primo di una serie di prototipi per l'analisi dell'immagine nella regione spettrale del visibile e del vicino infrarosso”, spiega Raffaella Fontana, ricercatrice del Cnr-Ino. “Tra i risultati è emerso il disegno sottostante, eseguito a spolvero, tecnica tipicamente utilizzata da Raffaello. I colleghi dell'Istituto di fisica applicata Nello Carrara del Cnr hanno invece caratterizzato i pigmenti”.

Molto interessante anche la scoperta del “pentimento d'autore” sotto la Madonna del Granduca, ospitata a Firenze nella Galleria Palatina. Il giovane Raffaello, da poco giunto in città, in quest'opera dà prova della sua capacità di rendere immediata e umana la rappresentazione del sacro. Il dipinto, datato intorno al 1506-7, sottoposto alla riflettografia multispettrale ha rivelato uno sfondo diverso da quello, scuro e compatto, su cui si stagliano la Vergine e il Bambino. “L'esame scientifico ha svelato la presenza di un'architettura, riscontrabile nel disegno a spolvero di un capitello, grazie all'ultima versione dello strumento da noi utilizzato, che copre il range dal visibile all'infrarosso fino a 2.500 nanometri”, spiega Raffaella Fontana. “Siamo stati i primi a estenderci fino a queste lunghezze d'onda, dimostrandone l'utilità, ad esempio, proprio per sforare i colori molto scuri”. Molto probabilmente la prima ambientazione doveva conferire un'atmosfera domestica alla scena sacra, che l'artista decise successivamente di cambiare per evidenziare soltanto il gruppo centrale.

Anche l'opera conosciuta come “La Muta”, raffigurante Giovanna Feltria della Rovere, protettrice di Raffaello, ha un'interessante vicenda che trova conforto nell'esame scientifico. Per ammirare il capolavoro bisogna recarsi nella Galleria Nazionale delle Marche, presso il Palazzo Ducale di Urbino. “Dalle indagini tecnologiche abbiamo notato pentimenti sull'originario colore della cintura e ritocchi di colore, probabilmente dovuti a interventi di restauro o integrazioni”, aggiunge Fontana. Ciò si deve a due diverse stesure del ritratto: la prima rappresentava la donna nel periodo giovanile; rimasta vedova nel 1501, si rese opportuno un adattamento dell'immagine alla nuova condizione della nobildonna: tra gli interventi diventa dominante il colore verde della veste, simbolo di lutto e vedovanza.

Colori vivaci e preziosi caratterizzano invece consuetamente la tavolozza del Sanzio. “Con tecnologie non invasive applicate sulla Pala Baglioni, dipinta nel 1507 ed esposta nella Galleria Borghese a Roma, abbiamo notato che per le campiture blu utilizzava l'azzurrite, pigmento minerale molto diffuso fin dall'antichità, sopra il quale poi stendeva un sottile strato di lapislazzuli, molto costoso, proveniente dall'Afghanistan”, spiega Francesca Rosi dell'Istituto di scienze e tecnologie chimiche (Scitec) del Cnr di Perugia. “Inoltre, per conferire tonalità più scure alla tavolozza, ricorreva al nero avorio ottenuto dalla combustione delle ossa animali invece che da materiale vegetale”.

Fonte: Raffaella Fontana, Istituto nazionale di ottica, tel. 075/5855638- 5855569 , email raffaella.fontana@ino.cnr.it - Francesca Rosi, Istituto di scienze e tecnologie chimiche , email francesca.rosi@cnr.it -

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