Focus: Meteo

Previsioni: una scienza imperfetta

Previsioni meteo
di Rita Bugliosi

I modelli, che traducono in forma numerica le equazioni con cui si rappresentano le leggi della fisica e l’evoluzione dell’atmosfera, sono approssimati e causano errori che tendono ad amplificarsi secondo la teoria 'del caos'. Ne parliamo con Andrea Buzzi e Piero Malguzzi dell’Isac-Cnr di Bologna

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Piogge torrenziali, grandinate, trombe d’aria. Sempre più spesso anche nel nostro Paese si assiste a episodi di forte maltempo che, provocando vittime, devastazioni e danni alle costruzioni e al territorio, si trasformano in vere e proprie tragedie. Eppure le previsioni meteorologiche sono estremamente diffuse: esistono siti, canali tv e app interamente dedicati al meteo. Perché allora è così difficile anticipare eventi catastrofici?

“Le previsioni spesso sbagliano perché i modelli utilizzati e la conoscenza dello stato iniziale dell’atmosfera sono approssimati e ciò causa errori che si amplificano per la presenza di instabilità del sistema fisico”, spiega Andrea Buzzi dell’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima (Isac) del Cnr di Bologna “Negli ultimi decenni si è assistito a un deciso incremento della qualità delle previsioni a grande scala, grazie al miglioramento dei modelli e delle osservazioni, nonché al notevole aumento della potenza del calcolo. Si consideri ad esempio che mentre i primi modelli meteorologici operavano con un reticolo di punti distanti tra loro diverse centinaia di chilometri, attualmente tale distanza si avvicina ai 10 km per i modelli globali e a 1 km per quelli locali. Tuttavia, questo avanzamento ha ingenerato un’aspettativa eccessiva da parte del pubblico anche riguardo ad anticipazioni di fenomeni a piccola scala, quali precipitazioni intense e temporali, per i quali la possibilità di previsione (predicibilità) non va oltre qualche ora”.

Per comprendere meglio quali sono le difficoltà che rendono le previsioni imprecise occorre conoscere il percorso che conduce alla loro formulazione.

“Per ottenere previsioni meteorologiche bisogna servirsi di modelli numerici, che richiedono l’uso di calcolatori estremamente veloci” precisa Piero Malguzzi dell’Isac-Cnr. “Tali modelli traducono in forma numerica le equazioni che rappresentano le leggi della fisica e che governano l’evoluzione dell’atmosfera. Si tratta di strumenti approssimati che calcolano i cambiamenti nel futuro a partire dalla conoscenza dello stato dell’atmosfera a un certo istante, il cosiddetto 'istante iniziale della previsione'”.

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Ci sono diverse approssimazioni nei modelli che rendono imprecise le previsioni. “Ad esempio, i complicati fenomeni microfisici che determinano il comportamento delle goccioline d’acqua e dei cristalli di ghiaccio all’interno delle nubi e la formazione delle precipitazioni, gli scambi di calore e umidità con la superficie terrestre e marina non possono essere calcolati con il dettaglio che sarebbe necessario, pertanto tali processi vengono fortemente semplificati all’interno dei modelli”, prosegue Malguzzi.

“I valori delle variabili dell’atmosfera all’istante iniziale sono misurati da stazioni meteo, da satelliti, da aerei e tramite radiosondaggi in quota ottenuti grazie a palloni sonda che registrano pressione, temperatura, umidità e vento. Questi strumenti forniscono però un’informazione incompleta e non priva di errori. I dati così ottenuti vengono 'assimilati’ nei modelli attraverso procedure complesse e non esenti da errori, tenendo conto anche delle osservazioni precedenti all’istante iniziale della previsione e delle previsioni più recenti ottenute dal modello”, aggiunge Buzzi.

Ma la difficoltà che si incontra nel prevedere il tempo meteorologico dipende soprattutto dall’instabilità che contraddistingue i sistemi caotici. “I sistemi fisici non lineari, forzati e dissipati, quale è appunto l’atmosfera, mostrano limiti di predicibilità non superabili: piccoli errori iniziali crescono infatti così rapidamente che dopo un tempo determinato la singola previsione sbaglia completamente”, conclude Buzzi. “Come stabilito da Edward Lorenz, che negli anni ’60 pose le basi della teoria del caos, una conoscenza approssimata della condizione iniziale non produce una previsione nemmeno approssimata dopo un tempo finito; tale caratteristica viene usualmente chiamata 'effetto farfalla’. In altri termini, i sistemi caotici esibiscono una sensibilità estrema agli errori delle condizioni iniziali”.  

Fonte: Andrea Buzzi, Istituto di scienze dell'atmosfera e del clima, Bologna, tel. 051/6399599, e-mail: a.buzzi@isac.cnr.it; Piero Malguzzi, Istituto di scienze dell'atmosfera e del clima, Bologna, e-mail: p.malguzzi@isac.cnr.it

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