Focus: Carnevale

Siamo tutti Capitan Fracassa

litigio
di Sandra

Nel confronto ridotto a dileggio l’altro è il nemico da azzittire e umiliare: è il modello della maschera che dilaga nella comunicazione pubblica e in rete. Camilla Pagani dell'Istc-Cnr spiega che l’aggressività nasconde una profonda insicurezza

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Capitan Fracassa

Prepotente e arrogante, Capitan Fracassa, una delle maschere più antiche della commedia dell’arte, 'mostra i muscoli’ per nascondere in realtà il timore di affrontare l’avversario in battaglia o a duello. Un personaggio coraggioso solo a parole, ma impacciato e vulnerabile di fronte alle responsabilità.

Qualche volta Capitan Fracassa sembra essere sceso dal palco teatrale per atterrare ai giorni nostri e dominare l’agorà della comunicazione in politica, sui media e in particolare sui social network: l’arroganza e l’ingiuria prendono spesso il posto del dialogo costruttivo, l’insulto occupa nella grande piazza virtuale lo spazio del contraddittorio.

Cosa c’è dietro questa ondata di aggressività verbale? Lo chiediamo a Camilla Pagani dell’Istituto di scienze e tecnologie della cognizione (Istc) del Cnr: “Un elemento che verosimilmente accomuna gli episodi di violenza verbale nelle diverse situazioni è la mancanza di fiducia nell’altro. Questo implica uno scarso senso di appartenenza, come anche le nostre ricerche hanno evidenziato, il che conseguentemente produce un maggior senso di insicurezza, una più profonda e diffusa paura e quindi una più facile tendenza a reagire all’altro come fosse sempre o quasi sempre un competitore o un vero e proprio nemico”.

Su questo terreno fioriscono frasi a effetto, video e foto irriguardosi, gesti eclatanti verso gli avversari. “Questa diffusa violenza verbale è il risultato di un più o meno consistente distanziamento dell’individuo dal proprio sé, dalla più profonda realtà del suo essere” conclude Pagani. L’apparire quindi ha la meglio sull’essere, una tendenza che ha avuto tra i suoi modelli più emblematici il linguaggio pubblicitario. La 'mancanza di idee’, che è stata talvolta chiamata in causa come una delle possibili spiegazioni di questo comportamento, in ultima analisi è legata alla rinuncia o al rifiuto di utilizzare nelle relazioni umane quelle strategie e competenze che fanno parte del nucleo della nostra identità personale più evoluto e complesso e quindi più ricco di potenzialità a livello sia cognitivo sia emozionale”.

Fonte: Camilla Pagani, Istituto di scienze e tecnologie della cognizione, Roma, tel. 06/44595311 , email camilla.pagani@istc.cnr.it -

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