Focus: Principio di precauzione

Prevenire per non crollare

palazzo terremotato
di Anna Capasso

Le nostre capacità di prevedere i terremoti hanno ancora margini di incertezza troppo ampi. Secondo Paolo Messina, direttore dell'Igag-Cnr. l'unica soluzione è la messa in sicurezza del territorio

 

 

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Il principio di precauzione, definito dalla Conferenza delle Nazioni Unite di Rio nel 1992 e ripreso poi dalla Commissione europea, risponde all'esigenza di gestire situazioni di rischio potenziale anche in assenza di certezze scientifiche. Agire in modo precauzionale significa osservare e utilizzare determinati indizi per prevedere e, quindi, prevenire con azioni mirate.

Mentre è possibile intervenire per eliminare o modificare le cause di molti fenomeni che possono risultare dannosi per l'ambiente o la salute (alluvioni, pandemie, inquinamento), un'azione preventiva risulta più controversa e complessa nel caso del fenomeno sismico. "Il terremoto, infatti, non si può né eliminare né gestire e le attuali conoscenze scientifiche non consentono alcuna previsione deterministica: non è cioè possibile indicare, con ragionevole certezza, quando, dove e con quale intensità avverrà l'evento", spiega Paolo Messina, direttore dell'Istituto di geologia ambientale e geoingegneria (Igag) del Cnr di Montelibretti (Rm). "Per intendersi, non può ritenersi valida, ad esempio, l'indicazione riguardo una probabile attività sismica in Calabria da qui ad un anno, poiché non potrebbe generare nessuna azione di salvaguardia efficace, né in termini economici né sociali".

 

casa terremotata

Attualmente, la comunità scientifica è in grado di formulare previsioni di tipo probabilistico. "È possibile indicare per ogni area del territorio la probabilità che si verifichi un terremoto di una certa magnitudo massima entro un intervallo di tempo molto ampio", prosegue Messina. "Queste previsioni sono di estrema importanza. Applicando il 'principio di precauzione' o semplicemente il buonsenso, si giunge all'unica soluzione possibile: costruire con criteri antisismici e mettere in sicurezza gli edifici: soluzione, come sappiamo, particolarmente onerosa per i nostri tanti centri storici italiani".

D' altro canto, sul piano dell'individuazione delle zone a rischio sismico, "A partire dagli anni '80, studi geologici sempre più dettagliati e complessi hanno permesso di individuare le faglie attive e il loro grado di pericolosità sismica, consentendo il calcolo della massima magnitudo attesa e dei 'tempi di ritorno' dei grandi terremoti", afferma il direttore Igag-Cnr. "È da tali conoscenze a partire, tenendo conto del contesto geologico all'origine del terremoto in Emilia Romagna, che la 'Commissione grandi rischi' ha deciso di mantenere alta l'attenzione ancora per un anno, non potendo escludere l'eventualità di un altro sisma importante".

Inoltre, grazie a indagini geologiche sempre più raffinate, oggi è poi possibile elaborare carte di microzonazione sismica che consentano di caratterizzare il territorio, distinguendo tra aree stabili e suscettibili di amplificazione sismica o soggette a fenomeni di instabilità, quali frane, fratture e liquefazioni.

"I principali filoni di ricerca riguardano lo studio dei gas emessi nelle zone di faglia, le variazioni dei campi elettrici ed elettromagnetici, lo studio dell'accumulo di stress tra le zolle attraverso misure satellitari e Gps", conclude Messina. "L'unica difesa dai terremoti rimane comunque una corretta ed efficace prevenzione".

 

Fonte: Paolo Messina, Istituto di geologia ambientale e geoingegneria, Roma, tel. 06/90672743 , email paolo.messina@igag.cnr.it -

Per saperne di più: - www.igag.cnr.it/index.php/it/paolomessina

 

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