Focus: Paura

Rischio estinzione

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di Laura Politi

Quali sono le prospettive demografiche dell'Italia? Con Corrado Bonifazi, dirigente di ricerca dell'Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali del Cnr, abbiamo analizzato le conseguenze della pandemia di Covid-19 sul calo demografico, il ruolo della popolazione straniera e il futuro che attende l'Italia. E non solo

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Abbiamo sentito spesso parlare dell'Italia come di un “Paese vecchio”, in cui la percentuale di persone anziane diventa sempre e pericolosamente più alta. La pandemia ha accelerato un calo demografico già in atto, mettendo un freno anche all'immigrazione dall'estero, fondamentale per provare a bilanciare la carenza di nascite della Penisola. Stiamo andando incontro a un rischio “estinzione”, come sempre più spesso titolano o si interrogano media e osservatori? Come evidenzia Gian Carlo Blangiardo, presidente dell'Istat: “Il bilancio demografico del 2020 ci presenta uno straordinario incremento del numero dei decessi; un dato che non avremmo mai immaginato di vedere, o almeno non così presto. Nel corso dell'anno si sono contati ben 746mila  morti  - 112 mila in più rispetto al 2019 - e si valuta che, a fronte dei circa 76mila casi che il Sistema di sorveglianza speciale dell'Istituto superiore di sanità ha attribuito direttamente a Covid-19 si siano verificati 99mila decessi aggiuntivi. Un surplus calcolato con riferimento a quanto si sarebbe osservato in base ai livelli di sopravvivenza, ovviamente liberi dall'effetto della pandemia, relativi all'anno 2019”.

“Il futuro demografico del nostro Paese si presentava tutt'altro che roseo già prima della pandemia. Le ultime previsioni dell'Istat elaborate nel 2018 prevedevano infatti un tendenziale calo della popolazione: da 60,6 milioni del 2017 si sarebbe passati a 60,5 del 2025, a 59 del 2045 e a 54,1 del 2065”, commenta Corrado Bonifazi dell'Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali (Irpps) del Cnr. “La diminuzione è stata in realtà ancora più rapida, visto che il numero di abitanti era già arrivato a 59,6 milioni il primo gennaio del 2020 ed è sceso a 59,3 all'inizio di quest'anno. Gli effetti negativi del Covid-19 sulle variabili demografiche, con l'aumento della mortalità, il calo della natalità e la contrazione dei flussi migratori, hanno accentuato una dinamica già in atto da anni, conseguenza soprattutto della bassissima fecondità degli ultimi decenni, che ha determinato un livello di invecchiamento della popolazione che ha pochi riscontri al mondo e una diminuzione delle donne in età feconda che ha innescato una vera e propria trappola demografica”.

Il calo della popolazione femminile in età fertile può ridursi grazie agli arrivi dall'estero. “Le donne tra i 15 e i 49 anni erano 12,2 milioni nel 2020, saranno 11,6 nel 2025 e scenderanno a 10,3 nel 2040. Una perdita di quasi due milioni di unità nel ventennio in corso che rende ancora meno sostenibili i bassi livelli di fecondità attuali, che sono peraltro tra i più bassi al mondo. La conseguenza è un numero sempre più ridotto di nati che finisce per alimentare questa spirale negativa”, spiega il ricercatore. “Del resto, la forte crescita della popolazione registrata nel primo decennio dell'attuale secolo è stata il risultato dell'aumento dell'immigrazione straniera, che ha più che bilanciato la perdita dovuta a un movimento naturale largamente deficitario e ha anche contribuito a sostenere il flusso delle nascite. Ridottasi l'immigrazione e diminuita la fecondità delle donne straniere, questa posta positiva ha perso di forza e non è stata più in grado di invertire le dinamiche in atto”.

Il capitale umano straniero riveste un importante ruolo per l'aumento delle nascite, ma sono necessarie anche politiche in grado di affrontare l'incombente declino demografico. “La sfida dei prossimi anni sarà quella di sostenere la natalità, eliminando le strozzature che ci hanno portato a tassi di fecondità largamente al di sotto dei livelli di sostituzione. Una sfida tutt'altro che facile e che soprattutto richiede interventi politici adeguati, in grado di invertire le tendenze attuali, riducendo la distanza che ci separa da molti nostri partner europei”, continua Bonifazi. “Inutile dire che, in questo quadro, sarà veramente difficile poter fare a meno del contributo dell'immigrazione. Non è infatti pensabile che un Paese come il nostro, che tra non molti anni sarà destinato ad avere più di un terzo della popolazione composta da anziani con più di 65 anni, possa rinunciare all'apporto positivo rappresentato dagli arrivi dall'estero”.

Le prospettive demografiche di altri Paesi consentono di inquadrare più chiaramente la situazione italiana. “Considerando i risultati delle previsioni della 'Population Division' delle Nazioni Unite, tra il 2020 e il 2070 la popolazione italiana dovrebbe diminuire di 13,7 milioni, una perdita quasi doppia rispetto a quella della Germania (-7,3 milioni), che però ha molti più abitanti del nostro Paese. Non tutti gli altri Stati europei dovrebbero però conoscere un simile declino demografico”, conclude l'esperto. “La Francia, ad esempio, dovrebbe registrare una crescita di 1,4 milioni e il Regno Unito di 7,9. Valori tutto sommato contenuti se si pensa che, invece, la crescita demografica continuerà a essere molto sostenuta nell'Africa subsahariana, che dal miliardo e 94 milioni del 2020 dovrebbe arrivare tra cinquant'anni a contare due miliardi e 867 milioni di abitanti”. 

Fonte: Corrado Bonifazi, Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali , email corrado.bonifazi@irpps.cnr.it -

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