Focus: Catastrofi

Uragani nel Mare Nostrum

traiettoria uragani
di Anna Capasso

Si abbattono sul nostro territorio, ma hanno la violenza dei cicloni tropicali. Lo affermano i ricercatori dell'Isac-Cnr, che hanno osservato il fenomeno sulle coste pugliesi

 

 

 

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Oceani aperti, temperature del mare elevate e assenza di venti forti in quota sono alcune delle caratteristiche che contribuiscono alla formazione degli uragani. Ogni anno se ne registrano all'incirca 80-90, principalmente sull'Atlantico e sul Pacifico a nord dell'equatore.

Tuttavia negli ultimi venti anni, con la più ampia e dettagliata disponibilità di osservazioni satellitari, nel Mediterraneo sono stati documentati diversi casi di vortici atmosferici con caratteristiche simili ai cicloni tropicali, anche se di intensità e dimensioni decisamente inferiori. "Noti come 'Medicanes' (Mediterranean hurricanes, uragani del Mediterraneo), traggono l'energia necessaria per il loro sviluppo principalmente dal mare, attraverso flussi di calore e umidità", spiega Andrea Buzzi dell'Istituto di scienze dell'atmosfera e del clima (Isac) del Cnr di Bologna. "Possono presentare venti anche superiori a 100 km/h, un nucleo caldo negli strati medio-bassi della troposfera e un nucleo centrale (simile all'occhio di un uragano) privo o quasi di nubi, circondato da un anello o da una spirale di nubi ".

Il 26 settembre 2006 un vortice 'tropicale' ha interessato la penisola salentina, dove il vento ha raggiunto un'intensità di oltre 140 km/h e, grazie a diversi modelli di previsione messi a punto dall'Isac-Cnr, è stato possibile riprodurre l'evoluzione del ciclone, analizzandone i meccanismi responsabili e ricostruendone l'intero ciclo.

"Il sistema ciclonico si è inizialmente generato sull'Africa settentrionale, sottovento alla catena dell'Atlante, circa due giorni prima di transitare sulla Puglia", prosegue Mario Marcello Miglietta, dell'Isac-Cnr. "Si è rafforzato lungo il canale di Sicilia e organizzato in forma di Medicane sul Mar Ionio. Il calore latente rilasciato dai processi di condensazione gli ha consentito di auto-alimentarsi, facendo registrare nel Salento una riduzione di pressione di 13 hPa in poco più di un'ora. Nelle ore successive ha attraversato il basso Adriatico e quindi ha nuovamente attraversato la terraferma, in prossimità del Gargano, riducendo la propria intensità".

Eventi di questa portata sono abbastanza sporadici: sul Mediterraneo se ne osservano mediamente non più di due-tre ogni anno. "Tuttavia", conclude Buzzi, "le prospettive di riscaldamento del bacino del Mediterraneo, in particolare della temperatura della superficie marina, fanno prevedere per il futuro cicloni di intensità maggiori rispetto a quanto osservato fino ad ora".

 

Fonte: Andrea Buzzi, Istituto di scienze dell'atmosfera e del clima, Bologna, tel. 051/6399599 , email a.buzzi@isac.cnr.it - Mario Marcello Miglietta, Istituto di scienze dell'atmosfera e del clima, Bologna , email m.miglietta@isac.cnr.it -

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