Focus: Maltempo

Pompei: più che il Vesuvio, poté il cemento

frana
di Sandra Fiore

All'insufficiente manutenzione delle antiche strutture si aggiunge il problema dei restauri eseguiti in passato che rendono le case romane più vulnerabili alle piogge. Per salvaguardare quest'area archeologica tra le più importanti al mondo sono stati stanziati fondi dall'Unione Europea

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Pompei

'Save Pompei' è la chiamata a raccolta di eccellenze lanciata dal sottosegretario al ministero dei Beni culturali Riccardo Villari per salvaguardare uno dei siti archeologici più visitati al mondo.

Il 6 novembre 2010, le immagini del crollo della Casa dei Gladiatori, dove si allenavano gli atleti, fecero il giro del mondo suscitando lo sdegno dell'opinione pubblica. Qualche giorno dopo un altro cedimento nella Domus del Moralista. A un anno di distanza si è tornati a parlare di Pompei per lo stesso motivo: nuovi crolli provocati dalle infiltrazioni. Questa volta a cedere sono stati un muro di cinta nella zona di Porta Nola e parte di una fontana nella Domus di Diomede.

Ma la colpa non è tutta dell'acqua, assicurano gli esperti. La scarsa manutenzione ordinaria e la mancanza di un monitoraggio costante delle strutture, sono i problemi sui quali la pioggia fa la sua parte. A rischio è un'area considerata Patrimonio mondiale dell'umanità e che vanta tre milioni di presenze l'anno, animando un indotto economico essenziale a livello locale.

"La manutenzione ordinaria è importante, soprattutto in una realtà come questa", spiega Luciano Cessari, architetto dell'Istituto per le tecnologie applicate ai beni culturali (Itabc) del Cnr. "Molti edifici restaurati tra il dopoguerra e gli anni Sessanta sono stati consolidati con il cemento armato, materiale pesante che ha un comportamento statico diverso da quello del laterizio e della pietra delle antiche murature. Questi materiali 'non collaborano' tra loro e quindi reagiscono diversamente alle sollecitazioni di piogge e di infiltrazioni di acqua creando condizioni di instabilità".

I crolli pongono di nuovo l'attenzione sulla necessità di monitorare le architetture con un'attività sistematica, soprattutto per gli edifici che hanno subito restauri. "Per una realtà così in sofferenza occorre dunque un piano di intervento programmato: mappatura degli edifici, diagnosi del loro stato di conservazione, pianificazione di interventi strategici e prioritari, manutenzione ordinaria", aggiunge Cessari.

L'Unione Europea ha stanziato 105 milioni di euro per un programma di manutenzione, particolarmente attento al rischio idrogeologico e per avviare nuove iniziative di promozione del sito. "Questo è un punto altrettanto importante" conclude il ricercatore dell'itabc-Cnr. "Per salvaguardare Pompei bisognerebbe rivedere anche l'accessibilità del sito e migliorare i percorsi di visita, in modo che i turisti non costituiscano un fattore di rischio".

Save Pompei' è la chiamata a raccolta di eccellenze lanciata dal sottosegretario al ministero dei Beni culturali Riccardo Villari per salvaguardare uno dei siti archeologici più visitati al mondo.

Il 6 novembre 2010, le immagini del crollo della Casa dei Gladiatori, dove si allenavano gli atleti, fecero il giro del mondo suscitando lo sdegno dell'opinione pubblica. Qualche giorno dopo un altro cedimento nella Domus del Moralista. A un anno di distanza si è tornati a parlare di Pompei per lo stesso motivo: nuovi crolli provocati dalle infiltrazioni. Questa volta a cedere sono stati un muro di cinta nella zona di Porta Nola e parte di una fontana nella Domus di Diomede.

Ma la colpa non è tutta dell'acqua, assicurano gli esperti. La scarsa manutenzione ordinaria e la mancanza di un monitoraggio costante delle strutture, sono i problemi sui quali la pioggia fa la sua parte. A rischio è un'area considerata Patrimonio mondiale dell'umanità e che vanta tre milioni di presenze l'anno, animando un indotto economico essenziale a livello locale.

"La manutenzione ordinaria è importante, soprattutto in una realtà come questa", spiega Luciano Cessari, architetto dell'Istituto per le tecnologie applicate ai beni culturali (Itabc) del Cnr. "Molti edifici restaurati tra il dopoguerra e gli anni Sessanta sono stati consolidati con il cemento armato, materiale pesante che ha un comportamento statico diverso da quello del laterizio e della pietra delle antiche murature. Questi materiali 'non collaborano' tra loro e quindi reagiscono diversamente alle sollecitazioni di piogge e di infiltrazioni di acqua creando condizioni di instabilità".

I crolli pongono di nuovo l'attenzione sulla necessità di monitorare le architetture con un'attività sistematica, soprattutto per gli edifici che hanno subito restauri. "Per una realtà così in sofferenza occorre dunque un piano di intervento programmato: mappatura degli edifici, diagnosi del loro stato di conservazione, pianificazione di interventi strategici e prioritari, manutenzione ordinaria", aggiunge Cessari.

L'Unione Europea ha stanziato 105 milioni di euro per un programma di manutenzione, particolarmente attento al rischio idrogeologico e per avviare nuove iniziative di promozione del sito. "Questo è un punto altrettanto importante" conclude il ricercatore dell'itabc-Cnr. "Per salvaguardare Pompei bisognerebbe rivedere anche l'accessibilità del sito e migliorare i percorsi di visita, in modo che i turisti non costituiscano un fattore di rischio".

 

Fonte: Cessari Luciano, Istituto per le tecnologie applicate ai beni culturali, Monterotondo Stazione, tel. 06/90672365 , email luciano.cessari@itabc.cnr.it -

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