Focus: Risorgimento

Il Sud ha un grande futuro... sottoterra

Pompei
di Sandra Fiore

Un convegno sull'archeologia organizzato dall'Ibam-Cnr ha ripercorsola storia di 150 anni di scavi nell'Italia meridionale. Un percorso segnato da rinvenimenti spesso occasionali e da una metodologia sempre più multidisciplinare

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L'Italia è notoriamente uno dei paesi più ricchi al mondo di beni culturali, molti rappresentati da siti archeologici, vestigia in particolare della classicità greca e romana. L'archeologia ha dato un grande contributo alla conoscenza delle civiltà passate e, restituendone le testimonianze, alla consapevolezza del nostro patrimonio e della nostra identità culturale. Dalla fine dell'Ottocento a oggi, poi, questa disciplina ha fatto grandi passi, avvalendosi delle moderne metodologie e tecnologie di indagine. Alla figura romantica dello studioso appassionato di antichità si è sostituito il professionista la cui attività si avvale anche delle competenze in informatica, archeometria, prospezioni geologiche.

Un convegno internazionale, organizzato dall'Istituto per i beni archeologici e monumentali (Ibam) del Cnr, ha fatto il punto sul contributo dell'archeologia nel Meridione dall'Unità d'Italia a oggi. L'evento, dal titolo ‘A chi appartiene il passato? 150 anni di attività di ricerca e tutela archeologica', organizzato con la presidenza del Consiglio della Regione Basilicata e il ministero per i Beni e le attività culturali, si è svolto tra Catania, Lecce e Potenza. Nel corso delle tre giornate sono state affrontate grandi tematiche: dall'archeologia urbana a quella del paesaggio e medievale, dalla topografia allo studio dei manufatti, dall'architettura antica all'archeologia industriale. I ricercatori dell'Ibam-Cnr hanno illustrato le nuove tecnologie di indagine applicate a questa scienza, divenuta ormai multidisciplinare.

"La storia dell'archeologia nell'Italia meridionale", spiega Antonella Pellettieri, direttore dell'Ibam-Cnr, "si può far iniziare con l'interesse degli studiosi per le sorti di Pompei ed Ercolano cancellate dall'eruzione del Vesuvio nel 79 d.C. I 150 anni di storia unitaria hanno segnato profondamente l'evolversi nella ricerca. In questo settore, passato progressivamente dalla caccia ai tesori nascosti all'impiego delle più avanzate metodologie dello scavo stratigrafico. Bisogna però attendere il 1707 perchè il principe austriaco d'Elboeuf, avendo scelto un'anonima collinetta per la costruzione della propria residenza di campagna, raggiunga involontariamente le strutture del teatro di Ercolano e del suo apparato decorativo.  Altrettanto casuale nel 1748, su un altro rilievo della zona chiamato la Civita, la scoperta dei gradini dell'anfiteatro di Pompei". La serendipità incide insomma profondamente anche in questo settore di studio. Lo confermano qualche decennio prima, alcuni intrepidi viaggiatori, che nel Grand Tour d'Italie avevano deciso di spingersi oltre l'abituale orizzonte della pianura napoletana e di superare la barriera fisica del Sele. "È la scoperta di Paestum dei ‘nobili e angusti avanzi della già felice Pesto' per dirla con lo scrittore inglese Robert Smith, con i suoi templi in ottime condizioni, che rivaleggiano con i ben noti esempi siciliani", prosegue la Pellettieri. "Una scoperta che aiuta a restituire un'immagine di completezza alla colonna isolata crotoniate, da cui il toponimo Capo Colonna, attribuito dai naviganti a quella particolare punta rocciosa e alle già note Tavole Palatine di Metaponto".

Ma la storia dell'archeologia meridionale non può certo essere ricostruita facendo solo riferimento ai ritrovamenti occasionali, da cui sono poi partiti per corsi di indagine e di analisi che hanno coinvolto studiosi di grande statura.

Il ritrovamento di autentici capolavori d'arte come la corona d'oro di Kritonios presso Armento (Potenza) nel 1814, è accompagnato per esempio da un proliferare di studi che "cercano via via di fare il punto sull'attività di indagine archeologica e storica, sempre più serrata e incalzata dalla ricerca di oggetti e monumenti che confermino le intuizioni avute osservando i più grandi e meglio conservati complessi templari della Magna Grecia" osserva la ricercatrice. 

"In questo ambiente agiscono le figure di Paolo Orsi (1859-1935), Umberto Zanotti Bianco (1889-1963) e Domenico Mustilli, padri dell'archeologia in Magna Grecia condotta con sistemi sempre più attenti a cogliere il valore degli oggetti e delle strutture anche attraverso il contesto delle stratigrafie che li hanno sinora conservati" conclude pellettieri.

S.F.

Fonte: Antonella Pellettieri , Istituto per i beni archeologici e monumentali, Tito Scalo, tel. 0971/427410, email a.pellettieri@ibam.cnr.it

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