Focus: Regioni

Un record di tipicità

oliv
di Sandra Fiore

Biodiversità, territorialità, elevata qualità rendono l'industria agroalimentare italiana un settore di punta della nostra economia. Il paniere "made in Italy" è in assoluto il più ricco di prodotti regionali che hanno ottenuto la denominazione di origine protetta (Dop) e l'indicazione di provenienza protetta (Igp). Il Consiglio nazionale delle ricerche ha, tra gli obiettivi, la salvaguardia delle specie autoctone attraverso la conservazione del germoplasma e lo studio dell'identità genetica degli ecotipi a supporto delle certificazioni Igp, Dop e Doc

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La varietà agroalimentare italiana è frutto dell'enorme patrimonio di biodiversità vegetale e animale che caratterizza il nostro territorio. Tale biodiversità ha anche determinato le tipologie di paesaggio rurale, uno degli elementi fondamentali di attrazione del turismo lento, che contempla la scoperta di elementi storici e naturalistici e la degustazione di specialità locali.

colline

“L'Italia è il Paese europeo che vanta il maggior numero di prodotti a denominazione di origine protetta (Dop) e a indicazioni di provenienza protetta (Igp) come da Regolamento Ue 2012/1151”, spiega Antonio Logrieco direttore dell'Istituto di scienze delle produzioni alimentari (Ispa) del Cnr. “Per entrambi l'indicazione della provenienza costituisce un elemento della particolare qualità che favorisce l'economia del territorio e garantisce la salvaguardia degli ecosistemi e della biodiversità”. Da qui la valorizzazione dei cosiddetti itinerari del gusto, come ad esempio le strade del vino e dell'olio, che da nord a sud attraversano le regioni e portano i viaggiatori a degustare produzioni garantite in termini di tracciabilità e di sicurezza e ad ammirare i loro contesti agrari. Inoltre, negli ultimi anni è cresciuta la consapevolezza dei consumatori italiani in merito al valore degli alimenti a basso impatto ambientale ed energetico, ossia della cosiddetta filiera corta. Tale sensibilità si accompagna anche al desiderio di tornare ai sapori autentici e genuini.

Piccole mele croccanti e zuccherine, pesche apparentemente non perfette ma profumatissime, particolarità di legumi conosciuti dai nostri nonni sono ormai diventati una rarità: spodestati da colture redditizie e omologate, hanno bisogno di protezione per non sparire completamente. Il Cnr ha tra gli obiettivi la salvaguardia di queste specie autoctone, di cui conserva il germoplasma in grandi banche che, come scrigni, preservano il patrimonio di biodiversità alimentare italiana. Ciò comporta lo studio accurato dell'dentità genetica degli ecotipi, un'indagine che in molti casi è servita agli agricoltori come base fondamentale per ottenere certificazioni Igp, Dop e Doc. Alcuni ecotipi sono stati raccolti e conservati dal Cnr e successivamente rimessi in coltivazione e la loro valorizzazione ha permesso di ridare vita a una filiera. Come è successo per la lenticchia di Altamura, abbandonata negli anni '70 a causa dell'estensione della monocoltura del grano duro. L'Istituto di bioscienze e biorisorse del Cnr, conservandone il genotipo, ha consentito di mettere nuovamente a dimora questo legume, che ha poi ottenuto l'Igp.

Nelle campagne italiane, tra gli ortaggi, domina il carciofo di cui esistono molte varietà, oltre a quelle conosciute sui banchi del mercato. Sempre il Cnr, impegnato a contrastare l'erosione genetica del patrimonio orticolo pugliese, cerca di valorizzare gli ecotipi di questo ortaggio diffuso nel Salento, come il carciofo nero che prende il nome dalle diverse località in cui cresce, ad esempio Nero di San Foca o Nero di Castrignano. La coltivazione di questa specie è affidata soprattutto a piccoli agricoltori.

In Campania, regione al secondo posto in Italia per la produzione di nocciole, l'Istituto di scienze dell'alimentazione (Isa) di Avellino ha supportato i produttori per presentare la domanda di certificazione Igp della 'Morterella' dell'Irpinia. “Il Cnr-Isa attraverso l'analisi della composizione chimico- nutrizionale, ha evidenziato le qualità di questa nocciola rispetto ad altre”, precisa la ricercatrice Maria Grazia Volpe.

Una vera propria indagine sulle cultivar autoctone di ulivo ha interessato l'Emilia-Romagna. L'Istituto di bioeconomia (Ibe) del Cnr di Bologna da oltre trent'anni anni sta conducendo studi volti alla tutela e alla descrizione delle risorse genetiche dell'olivo in questa regione. Tali ricerche hanno avuto inizio nelle province romagnole maggiormente vocate all'olivicoltura come Rimini, Ravenna e Forlì-Cesena, dove questo albero ha trovato nicchie climatiche collinari idonee, per poi estendersi anche alle province emiliane quali Bologna, Modena, Parma, Reggio Emilia e Piacenza. “Dalla sinergia tra risorse genetiche autoctone e microclima vocato, nasce un olio con caratteri chimici e sensoriali di pregio, capace di differenziarsi dagli altri prodotti standard presenti sul mercato”, aggiunge Annalisa Rotondi dell'Ibe. “Gli studi condotti hanno infatti accompagnato l'Associazione dei produttori e la Regione nell'ottenimento dei due riconoscimenti per la produzione di oli Dop: Brisighello e Colline di Romagna”. Inoltre, è stata data particolare attenzione al valore della pianta   per la sua valenza paesaggistica ma, soprattutto, per il patrimonio genetico che è rimasto conservato nel tempo. A tale scopo è stato avviato uno studio sugli esemplari secolari. "Sono emersi due aspetti importanti: la grande difficoltà nel reperire piante appartenenti a cultivar autoctone, obbligando così gli olivicoltori ad impiantare cultivar tipiche di altri areali geografici, e la scarsa conoscenza della filiera della certificazione genetica e sanitaria del materiale vivaistico".

Come i prodotti della terra, anche la filiera lattiero casearia ha un posto di primo piano nell'industria agroalimentare. “A seguito delle ricerche Cnr sono stati isolati e selezionati fermenti lattici autoctoni da impiegare nel processo di caseificazione per le Dop Silter, Bitto, Valtellina Casera e Formaggella del Luinese”, conclude Logrieco. “Inoltre, tra gli studi è stata esplorata la biodiversità microbica e aromatica del formaggio Storico Ribelle prodotto in alpeggi differenti, per caratterizzare al meglio questo antico formaggio, anche negli aspetti legati al suo ambiente di produzione. Un valore sempre più riconosciuto ai prodotti tradizionali e Dop è la protezione dell'ambiente, perché la cura dei prati e dei pascoli preserva l'ecosistema, controllando sia la flora originaria che subentrerebbe nei pascoli, sia il diffondersi della fauna selvatica".

Fonte: Antonio Logrieco, Istituto di scienze delle produzioni alimentari , email antonio.logrieco@ispa.cnr.it - Annalisa Rotondi, Istituto per la bioeconomia , email annalisa.rotondi@ibe.cnr.it - Maria Grazia Volpe, Istituto di scienze dell'alimentazione , email mariagraziavolpe@cnr.it -

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