Focus: Leonardo

L'Italia finanzia poco l'innovazione Condividi

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di Rita Bugliosi

Nel nostro Paese gli investimenti destinati a Ricerca & Sviluppo sono inferiori a quelli di altri Stati europei, come conferma la 'Relazione sulla ricerca e l'innovazione' realizzata dal Cnr. Una situazione che rallenta anche lo sviluppo economico

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Quest'anno ricorrono i 500 anni dalla morte di Leonardo da Vinci, grande artista ma anche geniale inventore che, per realizzare i suoi progetti innovativi, aveva bisogno di denaro che cercava di ottenere da fonti diverse: Lorenzo il Magnifico fu tra i suoi finanziatori, Ludovico il Moro lo assoldò per costruire bombarde più potenti da utilizzare contro i turchi e i francesi. Ma il problema dei finanziamenti in questo ambito è ancora attuale: in Italia le risorse destinate a Ricerca e sviluppo (R&S) sono inferiori rispetto a quelle di altri Paesi europei, come emerge anche dalla 'Relazione sulla Ricerca e l'Innovazione' realizzata dal Consiglio nazionale delle ricerche.

Si tratta di una questione non di poco conto, poichè i risultati in ambito scientifico e il trasferimento tecnologico dipendono dalla disponibilità di fondi adeguati. Gli scarsi investimenti in R&S inoltre ostacolano la crescita di un Paese, come sottolinea Andrea Filippetti dell'Istituto di studi sui sistemi regionali federali e sulle autonomie 'Massimo Severo Giannini' (Issirfa) del Cnr, fra gli autori della Relazione: “L'innovazione è il motore fondamentale dello sviluppo economico. Non solo l'innovazione più apparente e dirompente, ma anche quella più graduale, incrementale, nascosta nelle piccole e medie imprese italiane e nei distretti”.

Le fonti di finanziamento giocano dunque un ruolo cruciale nel favorire l'attività innovativa. “Rispetto agli investimenti ordinari, quelli innovativi hanno caratteristiche di maggiore incertezza e pertanto richiedono capitali a più elevato grado di rischio”, prosegue il ricercatore. “Per stimolare e promuovere gli innovatori occorrono, da un lato, il supporto diretto e indiretto della ricerca pubblica, dall'altro, fonti di finanziamento di rischio che il sistema bancario italiano non sempre riesce a fornire in misura ottimale”.

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Secondo quanto emerge da un'indagine Istat, in Italia è negativa anche la situazione degli startupper, ossia di quegli innovatori individuali disposti a mettersi in gioco fondando un'impresa. “Gli imprenditori che fondano una startup fanno ricorso prevalentemente a risorse proprie con le quali, nel 73,2% dei casi, hanno coperto il totale delle fonti necessarie all'avvio. Solo con il passare del tempo, le imprese riescono lentamente a trovare altre risorse. La diversificazione delle fonti – donazioni da parenti e amici, finanziamenti pubblici, investimenti in equity da parte di soggetti privati e accesso al credito bancario – gioca un ruolo marginale al momento della fondazione. I dati mostrano che i venture capitalist preferiscono investire nelle imprese startup più grandi e già presenti sul mercato. Inoltre, maggiore è la maturità dell'impresa e più alta la probabilità che riceva finanziamenti bancari”, spiega Filippetti, che conclude: “Gli innovatori-imprenditori italiani rappresentano il miglior capitale umano per istruzione, esperienze lavorative e motivazione, tuttavia, almeno nella fase iniziale, devono cavarsela con risorse proprie. Diversa la situazione fuori dall'Italia, ad esempio negli Stati Uniti o in Gran Bretagna, dove è più facile trovare capitale di rischio per iniziare, oppure in Francia dove invece è stato recentemente lanciato un programma proprio per questo tipo di finanziamenti”.

Fonte: Andrea Filippetti, Istituto di studi sui sistemi regionali federali e sulle autonomie "Massimo Severo Giannini", Roma , e-mail: andrea.filippetti@cnr.it