Focus: Paura

Torna in gioco l'opzione nucleare

foto esplosione nucleare
di Gaetano Massimo Macrì

La necessità di intervenire in tempi rapidi sulla riduzione di CO2 pone il problema della produzione e del consumo energetico. Accanto alle fonti rinnovabili si torna a parlare di produzione nucleare, con toni polarizzati che nuocciono alla comprensione di uno scenario complesso. Come osserva Emilio Fortunato Campana, direttore del Dipartimento di Ingegneria, Ict e tecnologie per l'energia e i trasporti del Cnr

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Gli italiani hanno già opposto per ben due volte (1987 e 2011) nella loro storia un no alla produzione dell'energia nucleare. In entrambi i casi, era fresco il ricordo di un incidente occorso in una centrale, rispettivamente quelli di Chernobyl e Fukushima. Il tema oggi ritorna nel dibattito pubblico, poiché l'Unione Europea chiede la riduzione delle emissioni di COentro il 2050 fino al raggiungimento della neutralità climatica (il punto di equilibrio tra le emissioni di gas serra e la capacità della Terra di assorbirle), più in generale i protocolli per il contrasto ai cambiamenti climatici ci impongono di rivedere produzione e consumi energetici, per ridurre l'impatto generato soprattutto dall'utilizzo di fonti fossili. Oggi, come all'epoca dei quesiti, c'è però il rischio che la discussione si connoti di venature ideologiche, anziché scientifiche e tecnologiche. Un meccanismo di polarizzazione che abbiamo verificato anche durante la pandemia, su virus, misure di protezione, vaccini e green pass.

foto scorie nucleari

Chi avversa il nucleare sostiene spesso il solo affidamento alle fonti rinnovabili. L'esigenza di una produzione sostenibile e della riduzione dell'impatto ambientale dei processi industriali richiede secondo altri di rivedere il no al nucleare. “I cambiamenti climatici dovuti all'impatto antropico impongono forti riduzioni di emissioni, con l'abbandono rapido dell'uso di combustibili fossili tradizionali. Gli attuali livelli tecnologici offrono nuove modalità sostenibili di produzione energetica, ma in misura non ancora sufficiente a compensare l'abbandono immediato delle fonti tradizionali”, commenta Emilio Fortunato Campana, direttore del Dipartimento di ingegneria, Ict e tecnologie per l'energia e i trasporti (Diitet) del Cnr. “La pandemia ci ha fatto capire come problemi di grande complessità per la società, che andrebbero affrontati con gli strumenti della razionalità e della conoscenza sono spesso, purtroppo, oggetto di approcci emotivi. Anche se in parte comprensibile, questo atteggiamento tende a ostacolare l'adozione di pratiche utili agli individui e alla collettività”.

Un punto sollevato, tra gli altri, anche da Roberto Cingolani, scienziato ora prestato al ruolo di ministro della Transizione ecologica, quando ha chiesto di riprendere in esame l'opzione nucleare. Scatenando una polemica che nuoce all'articolazione di discorso adeguato a un tema complesso. “Alle considerazioni di tipo scientifico e tecnologico è, per ora, stato assegnato un ruolo assolutamente marginale. Non è questo un settore in cui si possono fare errori: scelte sbagliate possono condurci a disastri ambientali, sociali, economici di proporzioni incalcolabili”, prosegue il direttore del Cnr-Diitet. “Polarizzazioni tecnologiche e politiche non stanno aiutando ad avviare una riflessione costruttiva che permetta di valutare la eventuale possibilità di usufruire di nuove opportunità energetiche”.  In Europa ci si chiede infatti se gli investimenti per le nuove tecnologie impiegate nel nucleare possano essere finanziati come “green”.

Tra dubbi e confusione, i temi sul tavolo sono diversi: l'aggiornamento degli impianti attivi di vecchia generazione, con il problema dello smaltimento delle scorie; i progetti di sviluppo del nucleare di ultima generazione, tecnologia ancora in fase di studio; sostenibilità di tempi e costi, per i quali si parla di 100 miliardi di euro e di almeno 10 anni; identità dei finanziatori, visto che il settore privato potrebbe essere poco o per nulla interessato; confronto con fotovoltaico o eolico, tecnologie già disponibili e ben collaudate, con investitori già coinvolti e costi più chiari.

Al netto delle paure, la ricerca sul nucleare prosegue. Il progetto dell'Enea, Divertor Tokamak Test Facility per produrre una macchina in grado di realizzare energia pulita, inesauribile e sicura, in collaborazione con Cnr, Infn, Consorzio Rfx, Create e varie università italiane, vale 600 milioni di euro, ma promette di generare 1.500 nuovi posti di lavoro e una ricaduta economica sul territorio di 2 miliardi di euro.  “Prosegue con grande determinazione la ricerca volta all'ambizioso obiettivo della produzione di energia da fusione, nella speranza che questa possa permettere, nel medio-lungo termine, di ottenere energia senza rischi di perdite di controllo della reazione e con produzione di scorie molto contenuta. Si tratta di una ricerca avanzatissima, di uno sforzo collaborativo tra molti Paesi, di dimensioni senza precedenti, che vede gli scienziati italiani fortemente impegnati sui più importanti progetti internazionali del settore”, conclude Campana. “Agli esperti e ai mezzi di comunicazione, va quindi richiesta un'assunzione di responsabilità affinché il dibattito non resti confinato in una sterile contrapposizione tra favorevoli o contrari a priori - come la pandemia ci sta insegnando – perché questo scontro produce solamente disorientamento e sfiducia nei confronti della scienza e delle istituzioni nel loro complesso”.

Fonte: Emilio Fortunato Campana, Dipartimento di ingegneria, Ict e tecnologie per l'energia e trasporti, email emiliofortunato.campana@cnr.it

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