Teatro

Torna sul palco la divulgazione a centoni

Oblivion Rhapsody
di M. F.

Gli Oblivion sono un gruppo teatrale, diventati famosi con una serie di parodie. La loro opera più celebre è “I Promessi sposi in dieci minuti”.  Dal 17 al 29 gennaio sono in scena alla Sala Umberto di Roma con “Oblivion Rhapsody” per festeggiare l’anniversario dei primi dieci anni di tournée

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Gli Oblivion - Graziana Borciani, Davide Calabrese, Francesca Folloni, Lorenzo Scuda, Fabio Vagnarelli - sono un gruppo teatrale che abbiamo già intervistato sull’Almanacco della Scienza poiché sono diventati famosi con una serie di “centoni”, cioè parodie basate sui motivi musicali di brani celebri, di ispirazione e finalità comicamente divulgativa. La loro opera più celebre è “I Promessi sposi in dieci minuti”.  Dal 17 al 29 gennaio sono in scena alla Sala Umberto di Roma con “Oblivion Rhapsody” per festeggiare l’anniversario dei primi dieci anni di tournée insieme: una summa, un bigino delle performance che parte proprio dalle rivisitazioni dei classici della letteratura, passando per la dissacrazione della musica, un riassunto di anni di sperimentazioni, senza soluzione di continuità. Tutto il meglio in un viaggio allucinato e visionario che collega mondi mai avvicinati prima.

“Gioco, paradosso, ironia, sorriso: questo è il Comico che vedo negli Oblivion”, commenta il regista Giorgio Gallione. “Il tutto sorretto e condito da un talento continuamente messo in discussione e da una professionalità feroce. Rivolta soprattutto contro sé stessi. Tutto è libero e volatile nel loro teatro, ma nulla è affidato al caso. C’è costantemente una architettura ferrea che sostiene i loro castelli di carta. Così, sempre, quello che può sembrare solo uno scherzo diventa nella realtà della scena non tanto un ingrediente digestivo o ciecamente spensierato, ma un linguaggio polifonico, meticcio, contaminato. Prezioso come una filigrana lucente ma usato come strumento del pensiero divergente, del mondo alla rovescia. Una costruzione variegata e complessa di parole e musica che gode della gioia della lingua e del pensiero, ma che si trasforma presto in sberleffo liberatorio, sovversione del senso comune, ludica e ragionata aggressione alla noia. Riguardandoli ripenso sempre ai valori che Calvino suggerisce come fondamentali nelle sue Lezioni americane: leggerezza, rapidità, esattezza, molteplicità, visibilità. E tanto serio divertimento. Perché senza gioia le parole, e le musiche, hanno i piedi di piombo”.

Oblivion Rhapsody

Gli Oblivion

“Stavolta facciamo tutto solo con una chitarra” aggiunge ironicamente Lorenzo Scuda. “E un cajon. E tre cembali. E due shaker. Prendi un campanaccio già che ci sei. Io da piccola suonavo il flauto traverso. Io durante il lockdown ho studiato ukulele. Ti ricordi quel sax di plastica che abbiamo comprato a Venice Beach?. È un attimo che la cosa ti sfugge di mano e finisce che metti su un’orchestra low cost. Oblivion Rhapsody è l’apoteosi della degenerazione musicale. La nostra storia musicale sbattuta, percossa e ridotta all’essenza. Senza trucco. Alla vecchia. Rock and roll. Acustico. Parecchio acustico, data l’età”. I membri del gruppo si definiscono infatti “cinque rigorosi cialtroni” in “piena crisi di mezza età” e il loro “uno spettacolo che toglie tutti i paracadute per arrivare all’essenza dell’idiozia: cinque voci, una chitarra, un cazzotto e miliardi di parole, suoni e note scomposti e ricomposti a prendere nuova vita”.

La scheda

Che cosa: Oblivion Rhapsody

Quando: fino al 29 gennaio 2023

Dove: Teatro Sala Umberto, Roma

Info: https://www.oblivion.it/gli-spettacoli/oblivion-rhapsody/

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