Focus: Modi di dire

Estinti saluti

Persona che scrive
di Paolo Squillacioti

Il direttore dell’Opera del vocabolario italiano del Cnr esamina alcune formule di commiato tradizionali utilizzate in passato nei messaggi scritti: si va dal “costante ossequio” ad “aggradisca i cordiali e rispettosi saluti”. E sottolinea come oggi, poiché le occasioni di scrivere lettere sono davvero rare, spesso chi deve farlo cerchi su Internet le frasi più adatte per congedarsi

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Il 4 luglio 1722 l’astronomo bolognese Eustachio Manfredi comunicava al collega Francesco Bianchini, attivo alla corte papale, i risultati del suo “diligente esame” della “linea meridiana di S. Petronio”, ovvero dell’orologio solare della basilica della sua città, aggiungendo che aveva osservato un’eclissi lunare: “Gliene mando annessa la osservazione”, concludeva prima della firma, “e le rassegno il mio costante ossequio con dirmi qual sono e sarò sempre di V.S. Ill.ma”. Non c’era alcun ruolo di subordinazione rispetto al collega, tant’è che la formula di Bianchini in una lettera successiva è ancora più rispettosa: “Divotamente bacio le mani facendole umilissimo inchino e ringraziamento”.

Facciamo un salto di oltre un secolo. Nel 1885, il geologo e vulcanologo Giuseppe Mercalli scriveva da Milano un biglietto di ringraziamento ad Adelaide Pignatelli del Balzo, principessa di Strongoli, appassionata di scienze naturali, premettendo alla firma la formula “Aggradisca i cordiali e rispettosi saluti e mi creda dev.mo e aff.mo”. Due anni dopo Mercalli comunicava al Ministro dell’agricoltura la sua intenzione di recarsi a Oneglia per studiare sul campo gli effetti del terremoto che aveva colpito la Liguria il 23 febbraio di quell’anno, e si accomiatava scrivendo prima della firma “Con grato animo e con dovuto ossequio sono della E[ccellenza] V[ostra] Dev[oto]”.

Sono solo due fra gli infiniti esempi possibili,  tratti volutamente da lettere di uomini di scienza - dal volume di Michele Ortore, “Il cielo in una lettera” (Cesati 2021) il primo; dal contributo di Rosa Casapullo nei “Saggi di linguistica... per Rita Librandi” (Cesati 2022) il secondo - che mostrano un frammento della lunga storia delle formule di saluto tradizionali. A esse si prestava una particolare attenzione in tempi in cui la lettera era l’unico mezzo di comunicazione a distanza: nel primo trentennio del Novecento, quando iniziavano a essere disponibili metodi alternativi come il telegrafo e il telefono, riscosse una notevole fortuna editoriale il volume “Come devo scrivere le mie lettere?” pubblicato presso Hoepli da Jacopo Gelli. Nelle oltre 500 pagine della decima edizione postuma del 1936 erano ordinate le innumerevoli e variegate formule di commiato divise per destinatario e occasione: così in una lettera confidenziale e amichevole si suggeriva un esordio che predisponesse il destinatario “a leggerla con benevolenza e con piacere”, e quindi: “Affinché questi sentimenti non abbiano a svanire come nebbia al sole, occorre che con pari cordialità del principio finisca la lettera”. Per le lettere destinate a persone legate da rapporti “di semplice, benché gradita relazione” erano indicate formule elaborate (“La prego di voler gradire l’attestato della mia stima e gradite, signor mio, i più distinti saluti”), mentre ai superiori era dovuta la manifestazione del più profondo rispetto e della massima devozione.

Scrivere

E oggi? Ridotta a occasioni particolari la stesura delle lettere redatte a mano, soppiantata ormai dalla scrittura mediante il computer, il messaggio comunicativo scritto è affidato a una pluralità di mezzi che abbreviano e frammentano il messaggio stesso, riducendo lo spazio e la varietà delle formule di commiato, che restano pur sempre una parte strutturale della missiva. Anche la manualistica dedicata si è contratta nelle dimensioni ed è affidata solo residualmente alla carta stampata. Chi ha bisogno di un suggerimento su come chiudere una lettera si rivolge a Internet e affida a un motore di ricerca quesiti che ricevono risposte sintetiche e poco differenziate. Uno studente che debba scrivere una e-mail formale sarà attratto dal link al noto portale www.skuola.net, e apprenderà che “occorre congedarsi mantenendo la formalità e il tono seguito nel resto della e-mail”. Alcune formule di saluto finale da poter utilizzare potrebbero essere: “Cordiali saluti”, “Distinti saluti” o “Cordialmente”. O, se si ha bisogno di una risposta celere, si potrebbe aggiungere prima la formula: “In attesa di una sua risposta, la saluto distintamente”, “In attesa di un suo gentile riscontro, la saluto cordialmente”.

Se invece, incuriositi dalla circostanza, si apre il link all’altrettanto noto sito di Salvatore Aranzulla, comparirà un formulario e un’argomentazione quasi sovrapponibile: “Quando hai finito, congedati nel modo più adatto alla lettera che hai scritto: se si tratta di un elaborato informativo, potresti usare una formula come ‘Distinti/cordiali saluti’, ‘Cordialmente’ o ‘Cordialità’. Se, invece, vuoi far presente all’interlocutore che sei in attesa di risposta, potresti avvalerti di una formula simile a ‘In attesa di una cortese risposta, le porgo cordiali saluti’”.

Comunque sia, la contrazione delle formule di commiato a singole parole o brevi sintagmi non pregiudica la formalità, sia pure meno inventiva ed elaborata nella scrittura contemporanea rispetto al passato. I problemi nascono quando il commiato non è omogeneo al tono e alla funzione della lettera, e il rischio che questo accada cresce man man che diminuiscono le occasioni di scrittura strutturata, sostituite sempre più dall’oralità, dalla messaggistica telefonica, dalla scrittura iconica.

Fonte: Paolo Squillacioti, Opera del vocabolario italiano, e-mail: squillacioti@ovi.cnr.it

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