Narrativa

Ottima è l'acqua

Copertina del volume Brindisi del poeta astemio
di Patrizio Mignano

"Brindisi del poeta astemio" (Verdone), di Enrico Di Carlo e Luca Bonacini, nasce dallo studio delle opere di Gabriele D'Annunzio in cui si parla di vino, come i carteggi intrattenuti con amici e politici. Una sorta di dotta sbirciatina nella cantina del poeta. “Io ho quel che ho donato”, scrivono gli autori in prefazione, citando un celebre motto dannunziano. Questa volta sarebbe meglio dire: “Io ho quel che ho bevuto”!

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Difficile credere che possa essere stato astemio, con una cantina fornita di circa 300 bottiglie, per la gran parte francesi, tutte di squisita raffinatezza e costi proibitivi. Gabriele d’Annunzio aveva un bel da fare a definirsi acquatile e a dire che “ottima è l’acqua”. La sua passione per il vino, italiano e d'oltralpe, è certificata dalla lista delle etichette presenti al Vittoriale poco prima della morte. Proprio questo elenco, che il poeta stesso aveva intitolato “Imberbis munera Bacchi”, è il documento chiave del libro di Enrico Di Carlo e Luca Bonacini "Il brindisi del poeta astemio", con la postfazione di Andrea Grignaffini (Verdone editore), presentato di recente a Roma, nella Sala Cavour del ministero delle Politiche agricole.

D’Annunzio aveva incaricato la pianista Luisa Baccara, sua ultima musa, di redigere questa carta, il cui contenuto per la prima volta viene approfondito grazie all’analisi del giornalista enogastronomico Bonacini che ha contestualizzato, storicizzato e attualizzato ogni marca, molte delle quali ancora in commercio. La prevalenza francese si spiega col fatto che la produzione nazionale era molto più limitata rispetto a oggi. Ma è sicuramente ai vini italiani che lo scrittore, come ricostruisce il dannunzista Di Carlo, dedica maggiori attenzioni, descrivendoli in molte sue opere e in confidenziali epistole ad amici, amiche, amanti. Il D’Annunzio pubblico si concede disordinate mangiate e bevute, al termine di lunghi digiuni. Quello privato nei banchetti ufficiali brinda con acqua, come a Bologna nel 1901, quando nella redazione del Resto del Carlino, viene fatto sedere accanto a Carducci, intento a degustare qualche calice di Lambrusco.

Il libro è un percorso tra le passioni enologiche del Pescarese che, nella prefazione a "Osteria", la prima guida guida enogastronomica italiana (1910) del tedesco Hans Barth, si permette di rivolgersi all’autore dandogli del beone, definendosi acquatile. Ed è una mappa approfondita, una sorta di cartina geografica dei principali vitigni distribuiti lungo la Penisola, anche attraverso numerosi documenti inediti. D’Annunzio si fa guida d’eccezione, conducendo per mano il lettore lungo le più blasonate “strade del vino” con qualche escursione oltre le Alpi. Pochi, all’epoca, conoscevano l’Italia come lui e le sue descrizioni di città e paesi sono memorabili. La differenza è che questa volta ogni descrizione si sublima davanti a un bicchiere di Soave veronese, Chianti toscano, Montepulciano d’Abruzzo, bagnando le coste liguri con la Vernaccia di Corniglia, quelle sarde con il Nepente di Oliena, i Colli parmensi con la Malvasia, il golfo di Napoli col Falerno e il Capri bianco, la Sicilia con il suo Marsala.

Le cartine geografiche italiana e francese confermano la passione, e la conoscenza del poeta per una produzione pregiata, ancora oggi in grado di raccontare la storia dei due territori. “Io ho quel che ho donato”, scrivono gli autori in prefazione, citando un celebre motto dannunziano. Questa volta sarebbe meglio dire: “Io ho quel che ho bevuto”!

Titolo: Brindisi del poeta astemio
Categoria: Narrativa
Autore/i: Enrico Di Carlo, Luca Bonacini
Editore: Verdone
Pagine: 152
Prezzo: 15,00

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