Editoriale

Buon compleanno allo Stato italiano

Il 20 settembre è stato il 150simo della presa di Porta Pia, ma la memoria risorgimentale nel nostro Paese non è particolarmente vivida. In qualche modo, è come se avessimo sposato una visione “ecclesiale” dell'impegno pubblico, la mancanza di “laicità” - intesa come pragmatismo, oggettività, equilibrio, realismo - caratterizza anche ambiti solo apparentemente distanti dalle questioni storiografiche.
di Marco Ferrazzoli

Il 20 settembre è stato il 150simo della presa di Porta Pia, ma la memoria risorgimentale nel nostro Paese non è particolarmente vivida. In qualche modo, è come se avessimo sposato una visione “ecclesiale” dell'impegno pubblico, la mancanza di “laicità” - intesa come pragmatismo, oggettività, equilibrio, realismo - caratterizza anche ambiti solo apparentemente distanti dalle questioni storiografiche. Si pensi a come le misure di sicurezza per la prevenzione e protezione dal Covid-19 si siano trasformate in un "casus belli", nel fulcro di una guerra ideologica

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Se davvero non viviamo più ai tempi di piemontesi, romani e meridionali, se davvero la contrapposizione tra Stato e Chiesa è stata sanata, se davvero i pensieri forti del '900 sono tramontati, allora è nostro dovere civile impegnarci per spazzare via ogni appartenenza divisiva e riconoscerci in una comune identità che non sia soltanto nazionale ma ampiamente culturale. E nella quale la memoria del passato sia il punto di partenza per una visione innovativa del futuro. Come del resto fu nella migliore tradiz

Il 20 settembre nel nostro Paese è stato festa nazionale per pochissimo tempo, del resto non lo è neanche mai stata il 17 marzo, che a buon titolo potrebbe essere assunto come “compleanno” dello Stato italiano. Le ricorrenze del 25 aprile e del 2 giugno festeggiano eventi successivi di parecchi decenni rispetto all'unificazione e anche il 4 novembre, fine della Grande guerra e tardivo compimento delle acquisizioni unitarie, è stato derubricato. Il giorno del 150simo della presa di Porta Pia, peraltro, il milanese Corriere della sera non riportava in prima pagina neppure uno “strillo” sull'anniversario, così come la Stampa torinese, mentre la romana Repubblica ha pubblicato un articolato dossier.

La memoria risorgimentale, insomma, nel nostro Paese non è particolarmente vivida. E non lo è da parecchio tempo: dopo la lacerazione del fascismo, del secondo conflitto mondiale e della guerra civile, i soggetti politici che più custodivano la memoria politica risorgimentale, Partito liberale e Partito d'azione, non hanno avuto particolare fortuna, mentre quelli comunista e democristiano si sono affermati come formazioni di massa. In qualche modo, tornando al 20 settembre, è come se paradossalmente gli italiani avessero sposato una visione più “ecclesiale”, in senso letterale, dell'impegno pubblico. Di questo lascito si possono avvertire i segni nella mancanza di “laicità” - intesa come pragmatismo, oggettività, equilibrio, realismo – che caratterizza anche ambiti della nostra società solo apparentemente distanti dalle questioni storiografiche.

Si pensi a come le misure di sicurezza raccomandate e prescritte per la prevenzione e protezione dal Covid-19 si siano trasformate in un "casus belli", nel fulcro di una guerra ideologica, quando si tratta di fastidi assolutamente irrisori che dovrebbero essere ben sopportati per un elementare principio di cautela. Si dirà che problemi simili oggi si incontrano in gran parte del mondo, ed è vero, ma chi si occupa di svolgere e comunicare la ricerca scientifica non può fare a meno di interrogarsi sulla persistenza, in un'Italia del terzo millennio così secolarizzata e d'altro canto con delle radici religiose così profonde, di diffusi atteggiamenti ideologizzati e manichei che non hanno ragione d'essere.

Se davvero non viviamo più ai tempi di piemontesi, romani e meridionali, se davvero la contrapposizione tra Stato e Chiesa è stata sanata, se davvero i pensieri forti del '900 sono tramontati, allora è nostro dovere civile impegnarci per spazzare via ogni appartenenza divisiva e riconoscerci in una comune identità che non sia soltanto nazionale ma ampiamente culturale. E nella quale la memoria del passato sia il punto di partenza per una visione innovativa del futuro. Come del resto fu nella migliore tradizione risorgimentale, come cerchiamo di argomentare nel Focus monografico di questo Almanacco della scienza dedicato, nell'anniversario del ricongiungimento dell'Italia con la sua capitale, a Roma.