Focus: Agroalimentare

Dal genoma al profumo

tartufo
di Luigi Rossi

I tartufi, già conosciuti e apprezzati dagli antichi Greci e Romani, furono definiti i 'diamanti della cucina'. Oggi se ne scopre il valore anche nella ricerca genetica e biotecnologica

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Dagli organismi semplici arrivano informazioni essenziali per la comprensione del genoma degli esseri più complessi. Sta in questo l'importanza della scoperta del genoma completo del tartufo nero 'Tuber melanosporum', frutto di uno studio franco-italiano coordinato dal Centro Inra di Nancy e dal Cnr-Università di Torino, con la collaborazione dell'Università di Parma e del Cnr di Perugia.

Al di là della passione dei palati raffinati di tutto il mondo, il tartufo riveste un interesse particolare in biologia, come sottolinea una delle autrici della ricerca, Paola Bonfante, dell'Istituto per la protezione delle piante (Ipp) del Cnr: "Il tartufo è un fungo micorrizico, che deve cioè associarsi con le radici di una pianta ospite per concludere il suo ciclo vitale. Questo studio spiega proprio i processi e i meccanismi evolutivi che portano alla sua formazione in simbiosi con le radici di alcune piante".

Uno degli esiti più significativi del sequenziamento del Dna del tartufo nero è, infatti, l'identificazione dei geni che controllano i meccanismi di riproduzione, due fattori di segno opposto, necessari a garantire la compatibilità sessuale e il successo riproduttivo. Se la comprensione delle interazioni pianta-patogeno ha già permesso di aprire nuove strade alla lotta contro le malattie delle piante, i risultati di questo lavoro sono anche quantitativi, perché il genoma del Tuber melanosporum è il più complesso tra quelli dei funghi finora sequenziati, con 125 milioni di coppie di basi.

Oltre all'interesse accademico e alle nuove conoscenze biologiche, questo sequenziamento fornisce anche preziose informazioni applicative per le tecniche di tartuficoltura, tanto che Paola Bonfante è stata premiata a Parigi, proprio per questo studio, con il Trofeo de l'Esprit alimentaire 2010 dedicato alla Scienza.

"La sequenza genomica", spiega la ricercatrice del Cnr, "mette a disposizione migliaia di marcatori genetici che verranno impiegati per evidenziare polimorfismi genetici, ovvero le sequenze diagnostiche di Dna nei tartufi di diverse zone: le impronte genetiche così ottenute permetteranno di tracciarne la provenienza".

Grazie alle impronte genetiche si ha a disposizione una mappa per la certificazione del prodotto e un eccellente strumento contro le frodi. E non solo: "Attraverso l'identificazione dei geni che codificano per gli enzimi responsabili della formazione dei composti volatili, si potrà, entro breve tempo, definire un profilo genetico-molecolare che coniughi l'origine geografica dei tartufi neri con il loro profumo". In altre parole, la ricerca consentirà ai tartuficoltori di selezionare individui geneticamente caratterizzati con tratti organolettici

Luigi Rossi

Fonte: Paola Bonfanti, Istituto per la protezione delle piante, Torino, tel. 011/6705965 , email p.bonfante@ipp.cnr.it -

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