Focus: Energie alternative

Il cardo è ottimo, anche come biocombustibile

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di Silvia Mattoni

Da questa pianta è possibile produrre elettricità, calore e biocarburanti. A dimostrarlo una ricerca condotta dall'Isafom-Cnr di Catania. Le rese migliori si hanno con cicli di coltivazione brevi

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È ancora a livello sperimentale, ma potrebbe diventare un'importante fonte di ricchezza energetica ed economica per l'Italia meridionale. Produrre elettricità, calore e biocarburanti dalla pianta di cardo è l'obiettivo di una ricerca condotta dall'Unità operativa dell'Istituto per i sistemi agricoli e forestali del Mediterraneo (Isafom) del Cnr di Catania, diretta da Salvatore Antonino Raccuia. "Il cardo (Cynara cardunculus L.) è una pianta originaria del bacino del Mediterraneo, della cui coltivazione come ortaggio si hanno notizie già al tempo dei romani", spiega Raccuia. "Dagli anni '90 questa specie è stata rivalutata come coltura da destinare alla produzione di biomassa per energia, così come il cardo selvatico, suo progenitore ampiamente diffuso". L'impiego del cardo si adatta particolarmente alle peculiari caratteristiche dell'ambiente mediterraneo, contraddistinto da apporti idrici limitati e distribuiti irregolarmente durante l'arco dell'anno. "Questa specie, infatti, grazie al ciclo di crescita che va dall'autunno alla primavera, periodo in cui si registrano maggiori eventi piovosi", precisa Raccuia, "è in grado di intercettare gli apporti idrici naturalmente disponibili, ottenendo così buone rese in biomassa e acheni (frutto semplice e secco). L'elevato contenuto di zuccheri presente nelle radici, prevalentemente inulina, offre grandi possibilità d'impiego nel settore energetico". Le ricerche condotte hanno evidenziato che, della biomassa totale prodotta a fine ciclo, le radici costituiscono ben il 40-50%, percentuale che diminuisce progressivamente con l'età degli impianti. La rimanente parte è rappresentata in media per il 30% dalle foglie, per il 25% dai fusti e per il 45% dai capolini, il 15% dei quali è granella. I dati sulla resa di impianti poliennali a ciclo lungo (10-12 anni) in ambiente mediterraneo hanno mostrato rese medie in biomassa secca tra 14 e 15 tonnellate/ettaro per anno. "Anche se quelle più elevate", sottolinea Raccuia, "si hanno tra il secondo e il quinto anno, 20-25 t/ha per anno, per abbassarsi successivamente a 8 e 9 t/ha per anno. Rese medie maggiori si possono invece ottenere con cicli di coltivazione più brevi (3 anni)". L'interesse verso questa coltura è legato non solo alla sua spiccata adattabilità all'ambiente mediterraneo, ma anche alle diverse modalità di utilizzazione. "Dalla combustione della biomassa, eccetto gli acheni, è possibile ricavare tra 16.500 e 17.800 Kilo-joule per kilogrammo (Kj/kg): valori che rientrano nella norma per biomasse lignino-cellulosiche", continua il ricercatore. "Mediante opportuni trattamenti fisici, chimici ed enzimatici, è possibile ottenere combustibili funzionali al processo impiegato (gassificazione, digestione aerobica, digestione anaerobica ecc.), utilizzabili come biocombustibili di seconda generazione per la generazione di energia". Ma questa specie risulta interessante anche per le buone rese in granella, che in particolari condizioni possono superare le 2 t/ha. "La granella presenta un contenuto in proteine pari a circa il 22,5%", conclude Raccuia, "mentre quello in olio, idoneo per la produzione di biodiesel, può anche superare il 26%". Attualmente in Italia la superficie investita per la produzione di cardo da biomassa a scopo sperimentale, è intorno ai  20 ettari in Calabria, mentre in Spagna la coltura raggiunge circa i 400.

Fonte: Salvatore Antonino Raccuia, Istituto per i sistemi agricoli e forestali del mediterraneo, Catania, tel. 095/292874 , email salvatore.raccuia@cnr.it -

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