Vita Cnr

Dalla Liguria il biosensore anticorrosione

Relitto di nave
di Francesca Gorini

L'Istituto di scienze marine del Cnr di Genova ha sviluppato una tecnologia che permette di monitorare la crescita dei batteri responsabili del deterioramento delle superfici metalliche a contatto con l'acqua: la cosiddetta corrosione biologicamente influenzata. L'innovativo risultato rende più efficienti ed ecocompatibili le necessarie strategie di protezione

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La corrosione delle superfici che si trovano costantemente a contatto con l'acqua - salata o dolce - rappresenta un problema dai notevoli costi di gestione: si stima che ogni anno, nei Paesi industrializzati, l'1,5% del Pil venga impiegato per attuare le diverse strategie necessarie a contrastare i danni derivanti dalla corrosione e il biodeterioramento. 

Il problema, che ha anche un enorme impatto ambientale per l'elevata tossicità delle sostanze utilizzate per i trattamenti chiimici (biocidi), ha origine da sottilissimi strati di batteri, film di micro-organismi che proliferano su tutte le superfici a contatto con l'acqua e che si rivelano particolarmente aggressivi in caso di contatto con superfici metalliche, in quanto ne aumentano la velocità di corrosione. Il fenomeno è da anni oggetto di studio dell'Istituto di scienze marine (Ismar) del Cnr di Genova, che è riuscito a mettere a punto una biotecnologia innovativa in grado di monitorare e contrastare la crescita di tali batteri, responsabili della biocorrosione.

“A contatto con superfici metalliche il biofilm di batteri presenta un interessante processo biolettrochimico: si verifica, infatti, un aumento del trasferimento degli elettroni dal metallo all'acqua mediato dai batteri e quindi un aumento della velocità del deterioramento delle superfici”, spiega Marco Faimali dell'Ismar-Cnr. “Questo fenomeno è stato osservato per la prima volta oltre 40 anni fa da Alfonso e Vittoria Mollica, una coppia di ricercatori dell'allora Istituto per la corrosione marina dei metalli del Cnr; come Ismar abbiamo raccolto l'eredità e proseguito attraverso vari progetti gli studi sulla biocorrosione, fino ad arrivare alla messa a punto di un biosensore in grado di misurare in tempo reale l'attività del biofilm, stimare la quantità di batteri presente e ottimizzare i trattamenti di pulizia”.

Lo studio è anche un importante esempio di trasferimento tecnologico: la realizzazione del prototipo di biosensore è stato curato da una start-up genovese, che ha ottenuto un finanziamento nell'ambito di un progetto Por-Fesr della Regione Liguria. “La nascita di Alvim, start-up che richiama nel nome le iniziali dei due pionieri Alfonso e Vittoria Mollica, rappresenta il passo finale di anni di studio”, prosegue il ricercatorei. “Oggi questo team di giovani è riuscito a mettere in commercio un apparecchio innovativo già utilizzato da aziende agroalimentari per prevenire la corrosione degli impianti, ad esempio imprese che operano nella filiera di lavorazione del latte o dell'acqua. Ma c'e ancora un enorme potenziale di mercato da esplorare, pensiamo ad esempio alle necessità di impianti di raffreddamento, navi e piattaforme petrolifere: l'uso del biosensore potrebbe, infatti, ridurre fino al 70% il consumo dei biocidi necessari per mantenere queste tecnologie marine in attività aumentandone in proporzione l'ecocompatibilità". 

Questo successo è il risultato di una ricerca di base di eccellenza in grado di stimolare e trasferire un prodotto di innovazione tecnologica direttamente al mercato di riferimento. “È proprio questa triangolazione tra ricerca, innovazione e trasferimento tecnologico uno dei cardini sui quali il Cnr può puntare per dare un contributo importante al territorio”, conclude Faimali. 

Fonte: Marco Faimali, Istituto di scienze marine, Genova , email marco.faimali@ismar.cnr.it